È incredibile la sfrontatezza di questi americani. Non hanno votato per la Clinton. A che serve dirigere i maggiori giornali, gestire le principali televisioni americane, avere dalla propria parte le maggiori istituzioni finanziarie, le lobby delle forniture militari, i finanziamenti espliciti delle petromonarchie del golfo, per poi assistere a quella infame votazione contro la Clinton.

A che serve essere corrispondenti di giornali importanti, godere di lauti stipendi se poi non riesci a convincere i tuoi lettori. Eppure tutta l’informazione di prestigio ha assolto benissimo il suo compito. Ha presentato, per tutta la campagna elettorale, Trump solo come puttaniere, come evasore fiscale, come un neofita ignorante e volgare della politica. Ha predetto con sussiego che Trump avrebbe avuto contro le donne, i latinos, le minoranze etniche. Praticamente tutti.

Anche i nostri giornali e le nostre televisioni erano perfettamente allineati con questa strategia. I nostri strapagati e inutili corrispondenti esteri Rai ci hanno raccontato un’America che sta solo nelle loro teste. I direttori dei nostri principali giornali, che pur non vendendo neanche una copia stanno sempre in televisione, erano anche loro in fila ad omaggiare il sicuro vincitore Ilary Clinton. I più devoti sono andati a baciare la pantofola a Obama per restituire il favore dell’invito dell’ambasciatore americano agli italiani a votare SI al prossimo referendum.

Sono favori che fra alleati si fanno. Anche se il nostro presidente del consiglio confonde il ruolo di maggiordomo con quello di alleato. I commenti del dopo voto sono stati dello stesso tono di quello della campagna elettorale. Avremo la guerra, crolleranno le borse. Poi la caduta delle borse è stata recuperata dopo 12 ore, pazienza, e le guerre in Libia, in Siria, in Iraq, in Afganistan ci avevano già pensato da tempo e non si sono ancora concluse. Cosa rimane ai nostri brillanti analisti?

Forse una piccola cosa. Un giro turistico negli States lungo la cosiddetta LINEA DELLA RUGGINE. Una visita ai luoghi delle 60 mila fabbriche abbandonate e arrugginite con i milioni di disoccupati e le aree degradate tutte intorno per disoccupazione e alcolismo. Quelle aree che forniscono i militari per le guerre fuori dagli Stati Uniti e nelle quali ritornano da reduci.

Un giro fuori dalle frequentazioni della Clinton, fuori da Wall Street, fuori dalle grandi città come New York o Los Angeles, fuori dai campus delle costose università americane, fuori dalle sedi delle principali banche d’affari.