Il 31esimo anniversario delle stragi siciliane di Falcone e Borsellino è il primo dopo il clamoroso arresto di Matteo Messina Denaro. Un particolare non da poco nel quadro complessivo di una ricostruzione confusa e spesso, negli anni, sovrapposta all’azione della Polizia Giudiziaria e dei Ros dei Carabinieri, quanto dei lunghi processi sull’Italia stragista, molti dei quali ancora in corso.

A complicare lo scenario, già abbastanza nebuloso, si inserisce l’inchiesta di Report, mandata in onda dalla Rai, il 22 maggio appena trascorso. In questa sede l’arresto del superlatitante, avvenuto il 16 gennaio 2023, il giorno dopo il compleanno della Premier Meloni, risulta essere un regalo pianificato in cambio di un favore da anni richiesto, nell’ambito della famosa trattativa Stato-Mafia, avviata nell’estate del ’92 a seguito delle stragi di Capaci e Via d’Amelio e mai conclusasi. Lo scambio sembra dovesse essere l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo. Una ricostruzione avvalorata dalle dichiarazioni strappate con una telecamera nascosta al super testimone Salvatore Baiardo, già noto per le clamorose dichiarazioni, definite profetiche, al programma di Massimo Giletti nell’autunno scorso. Secondo Baiardo, se “non succede quello che deve succedere, questo Governo cade”. In altre parole, se all’arresto di Matteo Messina Denaro, non seguirà una modifica del carcere duro, riservato a tutti i mafiosi in carcere, a farne le spese potrebbe essere la stabilità politica. Malgrado lo stesso Baiardo, abbia contestato e disconosciuto le sue stesse dichiarazioni, tramite un video su Tik tok, appare ancora più netta la dichiarazione all’alba del nuovo Governo di una premier appena insediata che pubblicamente aveva detto “Io non sono ricattabile”.

La Polizia Giudiziaria vicina all’arresto un anno fa

La latitanza dell’ultimo dei Corleonesi, come ha dichiarato recentemente Don Ciotti alla fiera del libro di Torino è stata una “latitanza che denuncia altre latitanze, c’è una commistione perché le mafie si avvalgono molto di forme di massoneria”. Matteo Messina Denaro è stato protetto e agevolato per 30 anni, da una rete molto complessa di figure dislocate in vari ambiti della società. Quello che emerge con chiarezza oggi, al di là dei numerosi depistaggi e interruzioni d’indagine sulla sua cattura rimbalzati per oltre 30 anni, è che nel maggio 2021, la Polizia Giudiziaria, sulle sue tracce da anni, stava per arrestarlo. Mediante intercettazioni varie, sia attraverso cimici piazzate nell’abitazione della sorella, che grazie a 150 telecamere messe vicino alle buche delle lettere dove avvenivano gli scambi epistolari, la Polizia Giudiziaria pare avesse individuato il covo del latitante, potendo far scattare l’operazione d’arresto; quindi, ben 8 mesi prima di quel 16 gennaio 2023, in cui poi è stato effettivamente arrestato dai Carabinieri.

Esattamente un anno fa, infatti, nell’ultima lettera indirizzata alla nipote, intercettata dagli agenti, erano stati trovati due pizzini, uno dei quali destinato alla sorella Rosalia, nel quale Matteo scriveva: “È andato tutto a scatafascio, la ferrovia non è praticabile, è piena, quindi capirai che non si può”. Un messaggio che lascia chiaramente intendere come avesse capito che la Polizia Giudiziaria intercettava le lettere e quanto fosse vicina al suo arresto, poi avvenuto, con tutt’altra modalità, 8 mesi più tardi e solo dopo le anticipazioni profetiche di Salvatore Baiardo a Massimo Giletti.

Uno scenario poco rilevante ai fini dell’arresto stesso, ma molto importante se si osserva il contesto politico di riferimento nel quale i due eventi sono inseriti. Nel maggio 2022, il Governo Draghi, annunciava le prime avvisaglie di crisi interne, sfociate irrimediabilmente nell’estate alle porte, periodo infuocato in cui Conte avrebbe poi deciso di mostrare quella coerenza politica determinante alla scelta nelle urne. Cosa sarebbe accaduto al Governo Draghi se il Boss dei Boss, fosse stato arrestato durante la sua legislatura?  Il 16 maggio 2023, dopo 6 mesi del primo Governo Meloni, con una leader che nella formazione del Governo aveva lasciato a casa l’ex Presidente Berlusconi, suscitando non pochi malumori nei sodali di Forza Italia, viene suggellato l’arresto del secolo.

La trattativa sul 41 bis era chiara già nel 2020

Ma per avere chiaro il quadro dell’arresto del super-latitante dobbiamo fare un passo indietro fino al 2005, quando Matteo Messina Denaro, sotto pseudomino, scrive delle lettere al sindaco di Castelvetrano, nelle quali esprime chiaramente il suo intento di avviare una trattativa per l’abolizione dell’ergastolo ostativo e del 41bis.“Hanno praticato e praticano ancora oggi la tortura nelle carceri – scrive il boss al sindaco – hanno istituito il 41 bis, ma ci saranno ancora uomini che non svenderanno la propria dignità. Per l’abolizione dell’ergastolo penso che ci si arriverà, ma tutto andrà da sé con il processo di civilizzazione”. Questo scambio epistolare è rimasto a lungo un mistero, fino al maggio del 2020, quando l’ufficiale dei Carabinieri Giuseppe De Donno, uomo fedelissimo del Generale Mori – lo spiegherà in un processo a Marsala, dicendo che quelle lettere servivano a preparare il terreno per una consegna di Matteo Messina Denaro.

L’arresto del secolo scatta grazie a un’operazione dei Carabinieri

Passano 18 anni da allora, il super boss, nel frattempo si ammala, e pochi mesi fa scattano le manette, ad opera, non più della Polizia Giudiziaria che ne aveva seguito le tracce fino a sfiorarne la cattura, ma sotto la supervisione dei Carabinieri. Il 6 dicembre 2022, infatti i Carabinieri dei Ros, in collaborazione con la Polizia Giudiziaria, trovano un pizzino molto particolare, sfuggito inspiegabilmente ai colleghi poliziotti, che è stato il faro determinante per l’arresto. L’unico scritto con il quale riescono a ricostruire la malattia di Matteo Messina Denaro, facendo lo screening di tutti i malati oncologici e che li ha poi condotti a individuare il luogo dove periodicamente si recava per le cure necessarie, la clinica privata “La Maddalena” di Palermo. Un’operazione fortunata, capitata ai Carabinieri, da poco intervenuti in un’indagine seguita da anni dagli agenti.

Le rivelazioni di Baiardo profetizzano l’arresto

In questo contesto, fatto di viaggi, lettere e incontri internazionali del super-latitante in varie parti del mondo, si inserisce una discussa testimonianza che ci riporta al tempo delle stragi del ’92. Salvatore Baiardo, il fedele braccio destro dei fratelli Graviano, nel 2020, nel processo per la ‘Ndrangheta stragista, ha dichiarato di aver incontrato per 3 volte da latitante, l’onorevole Silvio Berlusconi. Nel 2021, ha proseguito nelle sue rivelazioni, dicendo a Report, che i fratelli Graviano, imputati e condannati per le stragi del ’92, attualmente al 41 bis, avevano incontrato Berlusconi molte altre volte e soprattutto rivela che i suddetti mafiosi avessero in mano la famosa agenda rossa di Paolo Borsellino.

Berlusconi, ovviamente ha contestato ogni implicazione, targandole come fandonie. Ma poi nello scorso novembre, ai microfoni di Massimo Giletti, Baiardo prevede il futuro e rivela che Matteo Messina Denaro, ormai molto malato, sarebbe stato molto vicino a consegnarsi spontaneamente, lasciando intendere, uno scambio di favori in merito: l’arresto dell’ultimo dei corleonesi e la fine dell’ergastolo ostativo e del 41 bis. Il 16 gennaio successivo, l’arresto del secolo avviene davvero e nel marzo 2023, in un’intervista con telecamera nascosta di un giornalista di Report che chiede “Graviano è convinto che lo tolgono il 41 bis?”, Salvatore Baiardo risponde: “Se non succede quello che succede, questo governo cade.” Una dichiarazione talmente forte ed esplosiva che non tarda a essere smentita dallo stesso Baiardo, con un discutibile video sui social network, additando una premeditata intenzione di rivelare inesattezze volute.

La trattativa Stato-Mafia non si è mai conclusa

Al di là delle dichiarazioni pubbliche, televisive e non, i fatti contano una inspiegabile quanto tempestiva sospensione della trasmissione televisiva di Giletti su La7, e un filone di indagine processuale, nel quale le dichiarazioni di Baiardo, rimesse agli atti non sono confutabili mediante un video su internet e che al contrario stanno andando avanti nelle sedi opportune.

Quello che appare chiaro è che la trattativa Stato-mafia non è mai finita. Pezzi delle Istituzioni, funzionari dei servizi segreti, e uomini di Cosa Nostra, hanno iniziato ufficialmente a parlarsi per fermare le stragi del ’92/93, una comunicazione avviata dopo la barbarie degli attentati contro gli unici due Uomini che conoscevano e stavano dimostrando, dove e quanto potenti, potessero essere le fila della mafia in Italia. Ma parallelamente esiste anche una trattativa che chiedeva in cambio proprio uno dei grandi, storici traguardi dei giudici siciliani assassinati, il 41 bis. Un “do ut des“, che a quanto pare è proseguito in questi anni, e di cui l’arresto del 16 gennaio scorso, appare essere solo una concordata concessione. In quest’ottica sembra ancora più calzante quel Io non sono ricattabile” che Giorgia Meloni, rivolgendosi all’amico Silvio Berlusconi ha detto nei giorni della formazione del suo Governo, sul quale potrebbe pendere una mannaia molto lontana dalle controversie politiche, sociali ed economiche, cui siamo tristemente abituati. Ad oggi, malgrado le controversie dichiarazioni, non abbiamo assistito a nessun atto formale di questo Governo all’indebolimento del carcere duro. Potrebbe essere questo un motivo di instabilità politica?