Scontri nei vicoli della Città Vecchia, a Gerusalemme, in occasione della Marcia delle bandiere (fonte foto Twitter)

Tutto sommato è andata meglio del previsto: lo spettro di Hamas al Jerusalem day non si è fatto vivo, o almeno, non nella forma che il portavoce del gruppo terroristico aveva minacciato. La “Marcia delle bandiere” non è stata però libera da scontri, provocazioni, ed episodi di razzismo. Gli oltre 4mila agenti predisposti sul campo dal Governo israeliano hanno lavorato affinché il corteo passasse senza troppe difficoltà all’interno della Città Vecchia. Tuttavia, nei vicoli del quartiere musulmano, e non solo, come riportato dai media locali i sentimenti etno-nazionalistici hanno prevalso e generato risse tra giovani arabi e israeliani. Giornalisti, perlopiù arabi, sono stati aggrediti da esponenti dell’estrema destra ebraica e attivisti della sinistra, questi ultimi in protesta con il Governo Netanyahu. La più grande controversia della giornata si è palesata al confine palestinese: residenti hanno marciato a loro volta con le proprie bandiere, da Israele fumogeni e minacce di missili.

Negozi chiusi nella Città Vecchia, risse nei vicoli

I commercianti palestinesi sono stati obbligati dalla Polizia a chiudere momentaneamente le attività durante la celebrazione del Jerusalem day. “Non mi pagano neanche un risarcimento“, ha detto Hatib, commerciante in uno degli stretti vicoli della Città Vecchia, a The Times of Israel. Proprio davanti all’attività di Hatib giovani israeliani hanno generato una rissa che gli agenti hanno prontamente sedato con la forza. A donne arabe, con il velo ed il classico vestito nero, è stato chiesto a spintoni di allontanarsi dalla zona della Città Vecchia. L’atmosfera davanti alla Porta di Damasco e nella piazza davanti al Tempio Santo non era migliore: bandiere dell’organizzazione razzista Lehava sono state usate per colpire giornalisti arabi.

Sentimenti ento-nazionalistici

The Times of Israel ha riportato alcune testimonianze dei sentimenti etno-nazionalistici che caratterizzano non solo le feste a Gerusalemme, ma anche la quotidiana convivenza tra palestinesi e israeliani. Nel commento brevissimo di Ilan, 15 anni, è racchiuso tutto l’odio arabo nei confronti dell'”invasore ebreo”: “Mi da fastidio che siano nel mio Paese“. Muna Barbar, donna palestinese residente nel quartiere di Silwan, a Gerusalemme Est, commenta: “Israele non ha nessun diritto nazionale di stare qui“. Nella piazza del Tempio, tra balli, cori e danze gioiose, è stato intonato il canto “Che il tuo villaggio bruci” in provocazione ai palestinesi presenti. “L’essenza della giornata è affermare la nostra sovranità in ogni parte di Gerusalemme” ha dichiarato Yitzhak Kroizer, parlamentare israeliano appartenente al Partito ultranazionalista Otzma Yehudit. “Israele non ha sovranità su Gerusalemme e sui luoghi santi. Gerusalemme Est è terra palestinese occupata“, ha dichiarato il ministero degli Esteri della Giordania.

Critiche da Paesi arabi e Stati Uniti

Paesi arabi, alleati di Israele, e anche gli Stati Uniti, hanno mosso critiche alla scelta di far giungere i legislatori ebraici davanti al Monte del Tempio, attraverso il quartiere musulmano. I ministeri degli Esteri di Giordania, Egitto, Emirati Arabi, Bahrein e Turchia hanno rilasciato dichiarazioni definendo la mossa dello Stato ebraico come un’aggressione, una provocazione, e un’imprudenza da parte di Israele. Giordania ed Egitto, come sottolineato anche dai media locali, hanno più esplicitamente condannato la manifestazione stessa. “Condanniamo inequivocabilmente il linguaggio razzista di qualsiasi forma. Gerusalemme deve essere una città per tutta la sua gente“, ha affermato il presidente statunitense Joe Biden.