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Si sono svolte nella giornata di ieri, 14 maggio, le elezioni presidenziali e parlamentari in Turchia. Kemal Kilicdaroglu, principale candidato di opposizione a Recep Erdogan, andrà al ballottaggio con il presidente in carica. Il Sultano, dunque, per la prima volta in vent’anni percepisce che il suo regno è seriamente a rischio; il testa a testa è in programma il 28 maggio. Il leader del Partito Akp ha ottenuto invece la maggioranza al Parlamento; con lo spoglio al 97%, la coalizione guidata da Erdogan aveva conquistato già 324 dei 600 seggi totali.

La giornata

Che non sarebbero state elezioni normali si era già capito dalla vigilia. Nelle ultime 24 ore prima dell’inizio delle votazioni è successo di tutto: Muharrem Ince, candidato di opposizione, si è ritirato dalla corsa perché ricattato con un video hard; Kilicdaroglu ha denunciato un tentativo della Russia di interferire con le procedure; il presidente Erdogan, dalla sua, ha accusato l’Occidente di voler manipolare ed influenzare il voto. I cancelli dei seggi sono stati aperti alle 9 (ora di Ankara) e sono stati chiusi alle 17. Un elettore, in un seggio di Istanbul, non si accorge di avere Recep Erdgoan alle spalle, in fila per procedere alla votazione. Tale Ragip Soylu, pubblicherà sui social poco dopo il video che riprende la scena e commenterà: “Quando realizzi che Erdogan è proprio dietro di te“.

Le accuse e i dati provenienti dalle Agenzie

Come riferito da Al-Jazeera, il presidente in carica ha seguito lo spoglio da Ankara. Durante tutta la serata c’è stato un braccio di ferro tra l’Agenzia di Stato Anadolu e quella privata ANKA per la rivendicazione dei dati ufficiali. Secondo la prima, Erdogan è rimasto sempre in netto vantaggio, almeno di 7 o 8 punti, sullo sfidante. No, non è così, almeno secondo ANKA: l’opposizione è avanti. I referenti del Partito Akp e quelli del Partito Repubblicano hanno pubblicamente denunciato tentativi di broglio da parte degli avversari. Kilicdaroglu pubblica un tweet in cui chiede agli scrutatori di non abbandonare per nessun motivo le urne. Imamoglu, sindaco di Istanbul ed eventuale vice presidente in caso di vittoria del Partito Repubblicano, dichiara pubblicamente: “Non credete ai primi risultati, siamo in testa – e poi affonda -. Kilicdaroglu sarà eletto presidente stasera“.

Omer Celik, portavoce del Partito Akp, accusa i leader dell’opposizione: “Vogliono assassinare la volontà nazionale“. A metà scrutinio Erdogan è sempre in vantaggio, con oltre il 50% delle preferenze. I dati sull’affluenza sono spaventosamente indicativi di quanto i turchi abbiano capito l’importanza di queste elezioni: il 90% degli elettori, a giornata non ancora finita, si è recato alle urne. Al termine dello spoglio, il risultato è chiaro: Erdogan è sceso poco sotto il 50%, ed il suo principale candidato intorno al 44%. Il 28 maggio, si andrà al ballottaggio, ma Klicdaroglu contesta: “Una farsa. Non dormiremo stanotte, popolo mio“.

Le elezioni più importanti dell’anno

Il The Economist le ha giudicate le elezioni più importanti dell’anno, e come può essere altrimenti visto che dal voto di 67 milioni di turchi dipende il futuro non solo del loro Paese, ma anche dell’Europa. Dal 2003 a oggi Recep Erdogan ha costruito una nazione abbandonando quelle che furono le prospettive laiche e filo-occidentali di Mustafa Kemal Atatürk, leader del Partito Repubblicano e padre della Turchia moderna. In vent’anni il Sultano ha intessuto molto abilmente relazioni diplomatiche con molti Paesi membri dell’Unione europea, con la Russia di Vladimir Putin, ma anche in Medio Oriente e in Asia Occidentale. Soltanto nei giorni scorsi, proprio la Turchia è stata ospite a Mosca, insieme a Siria e Iran. Sullo sfondo della crisi in Ucraina, si capisce quanto possa essere cruciale ottenere l’attenzione del Sultano, già protagonista dello sblocco dei porti nel Mar Nero e del via libero al Piano sul grano ucraino. Da Ankara è dipesa, inoltre, l’entrata della Finlandia nella NATO. Insomma, la Turchia è un vero e proprio ago della bilancia nel panorama internazionale. Ecco perché, 67 milioni di turchi, dovranno decidere non solo del loro futuro, ma anche, seriamente, un po’ del nostro.

Scenari possibili: due Turchie

Quale futuro Erdogan e Kilicdaroglu rappresentino per la Turchia è manifesto nella loro ultima scelta in propaganda elettorale: alla vigilia della votazione, il leader del Partito Repubblicano si è recato al mausoleo di Atatürk, il presidente in carica nella Basilica di Santa Sofia, trasformata in Moschea. Il Sultano ha dalla sua parte profonde radici islamiche che buona parte del Paese non è ancora pronto a secolarizzare. Ma non solo, nei vent’anni alla guida di Ankara, Erdogan è stato il promotore di diverse iniziative di modernizzazione. “Il rispetto che la Turchia ha nel mondo è merito di Erdogan. La sanità pubblica prima di lui non esisteva“, dice un passante nel seggio di Subayevleri a un’inviata di Repubblica. “Se vince Erdogan saranno guai“, sostiene per contro un elettore ad Ankara. Il Partito Repubblicano ha dalla sua, senz’altro, le generazioni più giovani, il sostegno della parte progressista della Ue, l’Occidente, e le istanze laiche. Dal ballottaggio potrebbero uscire fuori, sostanzialmente due Turchie: una conservatrice e ambigua nei rapporti con Mosca e Paesi mediorientali, e una, almeno a parole, progressista, laica, più democratica e filo-occidentale.