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Due generali africani si contendono il controllo del Sudan da più di un mese; l’escalation militare è iniziata il 15 aprile scorso, quando nella capitale Khartoum sono iniziati i primi conflitti a fuoco tra l’esercito regolare del presidente Abdel Fattah al-Burhan e i ribelli delle Forze di Supporto Rapido guidati da Mohamed Hamdan Dagalo. Quest’ultimo è il vice presidente scelto proprio da al-Burhan, tra 2019 e 2021, quando un colpo di stato fece cadere il trentennale Governo di Omar al-Bashir. La guerra tra i due vecchi amici ha generato nell’ultimo mese centinaia di morti, migliaia di sfollati e, adesso, rischia di far piombare il Paese in una catastrofe biologica. I ribelli hanno preso infatti possesso di un laboratorio in cui vengono studiati agenti patogeni del morbillo e del colera.

Pericolo biologico e crisi umanitaria

A far scattare l’allarme di pericolo biologico è stato il rappresentante dell’Organizzazione mondiale della Sanità in Sudan, Nima Saeed Abid, in video collegamento con i giornalisti a Ginevra. Queste le sue parole: “I tecnici non sono riusciti ad accedere al Laboratorio nazionale di sanità pubblica per mettere al sicuro i materiali. Questa è la preoccupazione principale: nessuna possibilità per i tecnici di accedere al laboratorio e mettere in sicurezza il materiale biologico e le sostanze disponibili“. Saeed Abid non ha specificato quale delle due fazioni avrebbe preso possesso del laboratorio, ma dagli ultimi accertamenti si è venuto a sapere che si tratterebbe dei soldati di Dagalo.

Le persone sono indifese, fanno la fila per il pane. Non c’è carburante né acqua“, sarebbe la testimonianza di un civile, Fath al-Rahman, secondo quanto riportato da Africanews. Molti altri preferiscono invece rimanere barricati nelle proprie abitazioni, con la paura di essere travolti dalla guerriglia. Gli scontri, tuttavia, interesserebbero principalmente il quartier generale dell’esercito regolare e la zona del Palazzo repubblicano. “La gente sta andando a bere al fiume, non trova acqua“, racconta Faisal Mohamed.

Risorse e contrasti

Il Paese africano è ricco di risorse e di miniere d’oro. Il percorso verso una transizione civile e democratica è stato definitivamente interrotto. L’escalation arriva infatti proprio a ridosso delle elezioni presidenziali che, con tutta probabilità, saranno impossibili da portare avanti allo stato attuale. Negli ultimi mesi erano in corso negoziazioni tra le parti, ma Dagalo richiedeva a Burhan una maggiore integrazione dei suoi soldati e l’estensione del dominio militare per altri 10 anni. Inoltre, i due generali supporterebbero forze religiose diverse; mentre il presidente sarebbe filo-islamico, Dagalo avrebbe virato nell’ultimo periodo in favore di gruppi in contrasto con il movimento islamico sudanese, strizzando un occhio alle potenze occidentali come Stati Uniti e Israele. Quest’ultimo avrebbe il controllo delle miniere d’oro, che sarebbero la principale fonte di entrata del Paese; nel 2022, secondo Tehran Times, il Sudan avrebbe prodotto oltre 18 tonnellate del prezioso metallo.

Un ex capo del regime di al-Bashir è evaso dalla prigione di Kober, all’interno della capitale Khartoum. L’individuo è ricercato per crimini contro l’umanità dalla Corte penale internazionale e si tratta di Ahmed Haroun: era uno dei luogotenenti dell’ex dittatore. Secondo quanto appreso da fonti dell’esercito, Omar al-Bashir non è fuggito con i suoi uomini, attualmente si troverebbe infatti ricoverato in ospedale sotto la sorveglianza della Polizia Giudiziaria. L’annuncio della fuga di Haroun è stato fatto dallo stesso latitante attraverso un canale della tv sudanese: “Siamo rimasti in detenzione a Kober per nove giorni e ora abbiamo la responsabilità della nostra protezione“. Haroun è ricercato dalla CPI per crimini contro l’umanità nell’ambito della sanguinosa guerra del Darfur.