
Quella che raccontiamo è una storia bellissima, una storia di rinascita e di amore, che ci mostra come la vita può cambiare ogni giorno e riservarci delle bellissime sorprese. Ed è quello che è accaduto al noto imprenditore Mauro Messina e alla piccola Mariam, un incontro che ha cambiato probabilmente entrambe le loro vite.
Mauro Messina, Brand Owner della nota azienda Biosalus, è noto per i suoi interventi benefici in Africa dove spesso e volentieri è intervenuto in luoghi quasi dimenticati del paese, luoghi con mille difficoltà e bisogni primari per la normale sopravvivenza. Ha portato infrastrutture e costruito pozzi d’acqua potabile, per portarla dove non c’era, a villaggi, scuole o ospedali, a tutte quelle strutture che necessitavano aiuto, luoghi frequentati soprattutto da bambini, forse i più bisognosi. Partito al fianco di organizzazioni mondiali come Amref o altre associazioni umanitarie, ha poi intrapreso la sua strada personale, impegnandosi in prima persona, recandosi direttamente in quei luoghi, per rendersi conto del da farsi e di quali interventi o investimenti attuare. L’idea era quella di aprire più pozzi d’acqua possibili.
Lui stesso ha dichiarato: “Andiamo direttamente noi sul luogo e capiamo cosa si può fare e dove, ci informiamo direttamente delle problematiche e cerchiamo di risolverle”.
Ma proprio durante una di queste missioni è accaduta una cosa inaspettata e bellissima. Entrando in una scuola, per capire di quali interventi avessero bisogno, una scuola piena di piccoli studenti, all’improvviso dall’ultima classe è apparsa questa bambina, sconosciuta, inaspettata, che ha iniziato a correre verso di lui per poi abbracciarlo e non lasciarlo più.
L’evento, che sicuramente ha sorpreso lo stesso imprenditore, si è ripetuto il giorno seguente. “È accaduta la stessa cosa, appena varcato il cancello della scuola”, ricorda Messina, “la bambina, che io non conoscevo e che avevo visto solo una volta, ha corso verso di me e mi ha abbracciato tenendomi stretto per tutto il tempo. Questa cosa è durata per tutta la settimana. L’ultimo giorno ho voluto anche filmare questa scena bellissima, insomma è come se mi avesse scelto”.
Dopo tutto quello che è accaduto è ovviamente scattato qualcosa di speciale: prima di tutto bisognava scoprire chi fosse questa bambina, chi fossero i suoi genitori, dove abitasse.
“Si era instaurato qualcosa, mi ero affezionato. Dopo aver scoperto dove viveva sono andato a trovarla. L’abitazione era di fatto una capanna fatiscente. Su di un letto un numero indefinito di bambini che vivevano in condizione precarie. Lei viveva con i nonni, il padre era ignoto e la madre disoccupata, appena partorito la piccola era partita per l’Arabia Saudita”.
Molte donne, in condizioni economiche precarie o praticamente in miseria, in Africa si affidano ad agenzie, di quelle che assicurano posti di lavoro come cameriere in Arabia Saudita. Partono per poter poi mandare i soldi a casa alla propria famiglia. Questo accade sempre, tutt’oggi. Anche la madre di Mariam era in Arabia Saudita a lavorare per qualche famiglia con la mansione di cameriera.
“Ho rintracciato il numero di telefono della madre e ho iniziato a scriverle, ho scoperto tante cose: che la bambina per esempio non era stata neppure registrata all’anagrafe. Appena sono riuscito a contattarla lei mi ha raccontato la sua storia, del suo arrivo in Arabia Saudita, della sua situazione di quasi prigionia”.
Infatti la donna, appena arrivata a destinazione dopo aver preso servizio, era stata privata del suo passaporto, scoprendo anche che a sua disposizione c’era solo una piccola stanzetta senza letto. Avrebbe dormito quindi per terra per le poche ore che restavano dopo 18 ore di servizio giornaliero e che avrebbe potuto collegarsi via internet solo per mezz’ora la notte, per poter comunicare con la propria famiglia. Tutto questo per l’equivalente di sole 200 euro al mese.
Il divieto di uscire di casa poi completava questa situazione di vera e propria condizione di “schiavitù legalizzata”, ma nei Paesi Arabi è la normalità e la legge lo consente.
“Una situazione estrema, intollerabile, lei non conosceva la figlia, non l’aveva vista crescere” ha continuato Mauro Messina nel suo racconto, “io le ho raccontato tutta la mia storia e le ho parlato degli interventi migliorativi fatti nella casa in Kenya, dalla struttura ai letti, per fare vivere Mariam in condizioni umane e ho avanzato poi la richiesta di adottarla, per donarle e garantirle una vita migliore”.
La donna inizialmente e per ovvi motivi era molto scettica, perché era una situazione particolare e inaspettata. Non conosceva Mauro, malgrado poi i suoi familiari in Africa avessero iniziato a raccontarle direttamente come stava cambiando la loro vita grazie ai suoi interventi. Lei si è resa conto realmente delle cose che stava facendo questo imprenditore a lei sconosciuto.
“Realmente stai facendo cose meravigliose per mia figlia” ha affermato ringraziandolo in una delle chiacchierate fatte a distanza. Alla fine i colloqui sono andati avanti, la bambina nel mentre ha visto la sua vita cambiare in modo importante: un College inglese, un toutor al suo fianco, studio, sport, libri insomma tutto quello che serviva per avere una vita “normale”, tante opportunità anche per la sua famiglia.
Le intenzioni ormai erano chiare, il suo impegno era sotto gli occhi di tutti e “finalmente la mamma ha capito quanto ci tenessi alla bambina e come questo fosse reciproco, quindi ha acconsentito all’adozione e l’ho riconosciuta come padre” ha affermato con liberazione Messina, ma aveva ancora un ostacolo da superare. La bambina non era stata registrata all’anagrafe e per poter avere un passaporto c’era bisogno della firma della madre, in quel momento chiusa in quella casa lontano dalla sua famiglia.
Da qui si è aperto un nuovo capitolo, tra ambasciate, associazioni per i diritti umani, studi di avvocati, per liberare la madre da quella situazione assurda. La famiglia araba ovviamente ha provato in tutti i modi a bloccare le comunicazioni e ostacolare tutte le operazioni di rientro. È stata dura, ma grazie alla diplomazia e non solo, anche grazie all’intervento degli Avvocati Guido Solari, Beatrice Sawe di Bergs & More e Omar Alrasheed, sono riusciti faticosamente a liberare la donna e farla rientrare in patria.
La donna è tornata in Africa ed è riuscita a passare il suo primo Natale in assoluto con la figlia, figlia che non aveva mai visto prima. La bimba ora è felice e ha davanti a sé una nuova vita fatta di luce e amore.