L’Inps ha chiesto al Tribunale di Trani nei mesi scorsi di revocare il reddito di cittadinanza a un cittadino straniero residente a Corato da oltre 10 anni, seppur non registrato già in quel periodo all’anagrafica del comune barese. Stando all’accusa per questi motivi l’uomo avrebbe dovuto restituire più di 18mila euro, erogati come reddito di cittadinanza. Eppure, la sezione Lavoro della Corte tranese si è espressa in maniera opposta, accogliendo il ricorso del cittadino: “La residenza effettiva prevale sulla residenza anagrafica, la quale possiede un valore probatorio meramente presuntivo, superabile mediante prova contraria desumibile da qualsiasi fonte di convincimento”. Si tratta di una sentenza destinata a entrare nella storia e a dettare giurisprudenza, in quanto tra le prime a far chiarezza in merito al diritto di reddito di cittadinanza degli stranieri residenti in Italia.

La sentenza

Gli avvocati Salvatore Lotito e Riccardo Di Bari hanno dimostrato che l’uomo, pur non essendo registrato al Comune di Corato, era residente in città da oltre 10 anni, fornendo  come prova l’estratto contributivo e il codice fiscale italiano del lavoratore straniero emesso nel 2007, facendo così valere il principio per cui la presenza stabile del cittadino straniero sul territorio italiano rappresenti il soddisfacimento del requisito di residenza decennale. La giudice Angela Arbore ha rilevato nelle motivazioni della sentenza che “la nozione di residenza è fissata dall’art. 43, comma 2 del codice civile che la identifica con il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.