Durante l’incontro tra gli studenti del progetto “Unicore 4.0 University Corridors for Refugees”, promosso dall’Onu per i Rifugiati (Unhcr) insieme agli studenti stranieri che frequentano i corsi all’Ateneo di Bari, sono emerse problematiche e temi diversi, rispetto a chi studia in Italia per poi tornare nel proprio paese di origine, a chi invece vorrebbe avere una prospettiva qui a “casa” o chi non può in ogni caso tornare alla propria per motivi politici o per questioni legate ai teatri di guerra.

 Uno degli esempi riportati è quello di Habari Ramazani, originario del Congo, studente iscritto al corso di studi magistrale in “Innovation Development of Agrifood System”, ormai da 13 anni vive da rifugiato in Mozambico, dove ha una moglie e due figli, lui ha affermato: “Al termine del mio percorso di studi tornerò dalla mia famiglia in Mozambico per crearmi un futuro lì. Se non ci sarà la possibilità, proverò a tornare in Italia con loro, in un Paese che oggi mi ha accolto con grande affetto”.

Odon Didoko, anche lui dal Congo, rifugiato per oltre 10 anni in Sudafrica, ed oggi studente a Bari in “Relazioni Internazionali e Studi Europei” dice: “Studiare in un’università europea è completamente diverso dal mio Paese, ci sono molte più possibilità. Dopo la laurea mi piacerebbe lavorare in qualche organizzazione internazionale, come l’Onu. Ma sarei felice di poter tornare in Africa”.

Stefano Bronzini, rettore dell’Università di Bari, ha consegnato una pergamena di laurea ad altri due studenti, anche loro coinvolti in un progetto per rifugiati, che si sono formati a Bari, ed ha afferamto: “Questo è l’ennesimo progetto di inclusione del nostro ateneo”.