Dopo 44 anni dalla sua entrata in vigore, la legge n. 194 che consente l’interruzione di gravidanza resta ancora al centro di nodi, sanitari e culturali, che necessitano di essere affrontati. Lo ha fatto ieri, alla vigilia della Giornata della Donna, la Cgil Bari con l’iniziativa “Donne che danno”: “Chiediamo alla Asl di Bari di costituire un tavolo di monitoraggio permanente che verifichi l’attuazione della corretta applicazione della legge 194. Va costruita una rete aperta e trasparente” dichiara Gigia Bucci, Segretaria Generale Cgil Bari aprendo l’incontro-dibattito sul ruolo della legge tra conquista e difesa nell’Aula magna del Policlinico di Bari.  “Abbiamo l’esperienza positiva dell’ospedale San Camillo di Roma, pertanto facciamola nostra e proviamo ad indire concorsi pubblici per tenere in equilibrio la presenza di medici obiettori di coscienza con i professionisti che non lo sono, garantendo così l’applicazione di questa legge. Dall’ultimo rapporto del ministero della salute sulla attuazione della legge 194 emerge non solo che le strutture pubbliche con reparto di ostetricia e servizio di interruzione volontaria di gravidanza sono solo il 60% circa su tutto il territorio nazionale ma anche che il numero di ginecologi che si avvale dell’obiezione di coscienza ammonta a circa il 67% con punte dell’80 in alcune regioni del Sud Italia. In Puglia abbiamo toccato punte del 90% registrando la presenza di almeno un ospedale in cui il 100% dei ginecologi è obiettore di coscienza e 5 strutture in cui la percentuale supera l’80%”.

E’ di questi mesi la notizia del pensionamento dell’ultimo ginecologo non obiettore della provincia di Bari situazione simile a quella successa in Molise nel 2019 dove l’ultimo ginecologo non obiettore ha dovuto procrastinare di anno in anno il suo pensionamento per poterne garantire il servizio. Se si osservano i dati con attenzione, dall’introduzione della legge 194 fino ad oggi il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza è in continua diminuzione, lo stesso rapporto del ministero ne registra il calo costante senza considerare poi quanto la legge 194 abbia di fatto salvato la vita delle donne impedendo loro di optare per soluzioni clandestine e illegali. Se questo dato è in calo molto lo si deve al ruolo svolto dai consultori familiari, potenziati dalla stessa legge 194 e fondamentali per fornire informazioni servizi e infondere la conoscenza necessaria a sostenere e informare le donne sia per quanto riguarda la contraccezione che nel percorso per l’interruzione volontaria di gravidanza.

Purtroppo la situazione italiana registra ancora un numero troppo basso rispetto alla crescente richiesta, si conta infatti in media un consultorio anni 35.000 abitanti dato distante da quanto previsto dalla legge 34 del 96 che ne vorrebbe uno ogni 20.000 abitanti.
Per quanto riguarda la nostra regione dall’ultimo rapporto sui consultori familiari, si può registrare un dato positivo che ci colloca al 9° posto tra le regioni con una diffusione più ampia per abitanti rispetto alla media nazionale, inoltre la capacità attrattiva negli adolescenti compresi nella fascia di età tra i 14 e i 19 anni e le prestazioni offerte dai consultori familiari ogni 100.000 abitanti risultano addirittura superiori alla media nazionale. “Perché il Sindacato deve occuparsi di una legge che tocca il campo dei diritti civili e non propriamente quello del lavoro e della occupazione? Spiegare la difesa di una legge che dal 1978 resta un baulando dei diritti delle donne vuol dire tornare indietro proprio sulla condizione delle donne, nella vita sociale, civile e nella condizione valoriale del ruolo e posto nel mondo. Non può essere neutrale il giudizio della CGIL su un testo di legge che ha dato alle donne il diritto, di dire la prima e l’ultima parola, sul proprio corpo: l’autodeterminazione.

“Ancora oggi sono tanti i nodi critici che agiscono per rendere difficile l’accesso alla IVG”, ha concluso Filomena Principale, Segretaria Cgil Puglia. “Il periodo pandemico ha evidenziato come l’avvento della RU486 ha rappresentato un modo per continuare ad applicare la legge 194. Le tante rigidità inutili come l’obbligo del ricovero, hanno costituito un limite all’utilizzo di questa metodica che deve invece sostituire – naturalmente quando le condizioni lo ravvisano – le altre metodiche perché comunque, le donne sono consapevoli del percorso e lo vivono passo passo, come dimostrato dalle indagini fatte. Questo, nell’ambito del consolidamento della medicina territoriale con la costituzione delle Case di Comunità, è un miglioramento delle condizioni di praticabilità della legge 194. La nostra è una società che vede ancora nell’aborto un tabù che non va messo in discussione. Ma il tema della riproduzione o della non riproduzione, come il tema della salute sessuale, è legato all’organizzazione della società, ai rapporti che in essa si svolgono e che, proprio per questo, vanno elaborati e decisi individualmente e collettivamente. Anche per questo come CGIL, non possiamo restare neutrali né differenti. Ma continuare ad approfondire, conoscere, difendere e tutelare”.