Erano passate da poco le 20, tornavamo a casa dopo una giornata di lavoro. L’ultimo video in via Nicolai, poco distante dall’appartamento dove sei mesi prima avevamo tentato per l’ennesima volta di parlare con Lello e Angela nel tentativo di dare loro un aiuto. La loro situazione era nota a tutti, ma continuavano a stare in quel letamaio.

A pochi metri dall’auto parcheggiata nelle vicinanze, ci assale il dubbio: “Tino, andiamo a vedere come stanno i due fratelli?”. Un pensiero condiviso ad alta voce, una specie di presentimento. Fu così che arrivammo davanti alla porta in via don Bosco. Nessuna risposta nonostante la nostra insistenza. Fino a quando Angela decise di accoglierci e farci entrare.

Lello esanime sul letto, in quella che in breve tempo tutta Italia ha conosciuto come la casa degli orrori. Non c’era niente in grado di farlo svegliare da quello stato di torpore. C’è voluta la scarica di adrenalina fatta dai soccorritori del 118. Il risveglio e la resistenza.

Oggi, un anno dopo, siamo sempre più convinti di aver fatto ciò che andava fatto. Nessuno dovrebbe vivere in quelle condizioni, ma in questo anno, solo un anno, ci siamo accorti di quanta disperazione ci sia dentro molte mura. La maggior parte di chi non chiede aiuto ne ha un disperato bisogno e dovremmo tutti farci un po’ più i “fatti” degli altri.

La storia di Lello e Angela è tutt’altro che scritta. In questi casi ci vuole tanta pazienza e la solidarietà di molti. In caso contrario il finale non può che essere già scritto e, purtroppo, sarebbe per tutti il peggiore.