La variante Delta, o meglio conosciuta come indiana, che si è espansa prima a macchia d’olio in India e poi ha conquistato prevalenza in Inghilterra rinominandosi come variante Alpha, sta spaventando il mondo intero, ma sta anche attirando a sé l’attenzione degli scienziati.

Come spiegato da Maria Chironna, docente di igiene all’Università di Bari, responsabile del Laboratorio di epidemiologia molecolare al Policlinico di Bari e coordinatrice della rete di laboratori pugliesi impegnati nella sorveglianza sulle varianti, in Puglia sono stati già segnalati ben tre focolai, dei quali due sono causati da persone di ritorno dall’India, ma un altro potrebbe non avere la stessa origine di importazione, facendo sospettare che questa variante circoli già nella nostra regione, seppure per ora a basso livello, ma con il rischio che presto diventi prevalente.

La variante Delta è considerata attualmente il doppio più contagiosa di quella inglese, già di suo molto diffusiva, e ciò non può che renderla una variante “preoccupante”. La Puglia e l’Italia dovranno giocare di anticipo per far sì che la variante Delta non si espanda rapidamente come ha fatto in Inghilterra, facendo raggiungere picchi fino a 8mila casi dei quali il 90% di questa nuova preoccupante variante. In Italia, al momento, la prevalenza di variante Delta registrata è di solo l’1%, concedendo un vantaggio di un paio di mesi per potersi organizzare e agire.

Maria Chironna spiega a Repubblica come arginare l’eventuale diffusione della variante: “Identificando e isolando ogni singolo caso, ma soprattutto effettuando un tempestivo e rigoroso tracciamento dei contatti. Magari anche facendo screening più a tappeto in quei comuni con segnalazioni. Purtroppo il problema è che l’identificazione di questa variante può avvenire tardivamente, perché effettuare il sequenziamento completo del genoma virale richiede tempo. Perciò, un possibile modo per contenerla, ora che il numero di casi non è molto elevato, è puntare sull’indagine epidemiologica e mettere in quarantena tutti i possibili contatti di ogni singolo nuovo caso, anche i meno stretti. E poi indubbiamente procedere con la vaccinazione di massa, assicurando la somministrazione di due dosi per quei vaccini che le prevedono”.

La buona notizia è che i vaccini, dopo la seconda dose, si sono dimostrati efficaci contro la variante Delta, mentre offrono circa il 30% di copertura a coloro che hanno effettuato solo la prima dose. Per anticipare il contagio di questa variante sarà dunque necessario intensificare la campagna vaccinale, cosa che in Inghilterra è avvenuta in maniera differente visto che si era deciso di vaccinare il maggior numero di persone possibile e di passare solo dopo alle seconde dosi, garantendo in questa maniera soltanto il 30% di copertura alla maggior parte della popolazione, a differenza della politica adottata in Italia che permette a tutti coloro che ricevono la prima dose di essere totalmente coperti tramite l’assunzione della seconda dose dopo poco più di un mese nella maggior parte dei casi.

In Inghilterra sarà dunque necessario dare un’accelerata alla distribuzione delle seconde dosi, mentre Chironna risponde ancora a Repubblica riguardo la possibilità che la terza dose che sarà necessario assumere in futuro, possa essere un vaccino modificato contro le varianti: “Sì, potrebbe essere uno scenario possibile ma non scontato. E certamente le ditte produttrici di vaccini, soprattutto quelli a mRna, dunque Pfizer e Moderna, stanno già da qualche tempo lavorando a una rivisitazione della composizione vaccinale tenendo conto proprio delle varianti. Meglio essere pronti e cercare di essere un passo avanti al virus”.