“Il Decreto Riaperture taglia per l’ennesima volta le gambe a un settore ormai allo stremo. Infatti dà il via libera a ristorazione e spettacoli dal 26 aprile e senza nessuna logica rimanda invece l‘apertura delle fiere al 15 giugno e quella dei congressi al primo luglio. Il Decreto non solo discrimina nuovamente la filiera dei congressi e degli eventi rispetto ad attività assimilabili ma dimentica completamente gli eventi aziendali, privati e i matrimoni”.

A dichiararlo, in una nota congiunta, sono le Associazioni dell’industria dei congressi e degli eventi, ADMEI, Alleanza Cooperative Italiane (Cultura, Turismo, Comunicazione), AIIC, ANBC, Club degli Eventie della Live Communication, CBI, Federcongressi&eventi, FEU-Filiera degli Eventi Unita, FERPI, ICCA, MPI, SITE e UNA.

“Il Decreto Riaperture scatena lo sconcerto e la rabbia delle imprese e dei professionisti del settore dei congressi e degli eventi – spiegano -. Il comparto che ha un impatto diretto sul Pil di 36,2 miliardi, produce un giro di affari di 65,5 miliardi, genera 15,5 miliardi di entrate tributarie e che dà lavoro a oltre 570.000 persone si trova ancora una volta fermo, assistendo però alla ripartenza di altri settori che comportano aggregazione di persone. Ci dovete spiegare: qual è la differenza tra un meeting di 200 persone e una proiezione cinematografica per lo stesso numero di partecipanti? Ci dovete spiegare: qual è la differenza tra una cena al ristorante o un banchetto di nozze? Le fiere riaprono il 15 giugno mentre i congressi e i convegni devono aspettare il primo luglio”.

“È questa la prima e incomprensibile incongruenza del Decreto. Se la ratio che guida le decisioni del Governo è tutelare l’economia e contemporaneamente la salute dei cittadini non si spiega come possano essere autorizzate le fiere con migliaia di visitatori mentre i congressi e i convegni sono costretti a rimanere in stand by – continuano -. Una disparità dalle conseguenze gravissime perché fa perdere giornate di business a un settore fermo da oltre un anno e privo anche della sola ombra di un ristoro. Altra incongruenza del Decreto Riaperture è la mancata data di ripartenza per eventi aziendali e formativi, eventi privati e matrimoni. Eventi che si possono svolgere con le medesime modalità di una cena al ristorante restano fermi al palo. Anche i meeting, facilmente assimilabili al comparto dei Cinema e Teatri, non sono permessi. Eppure gli eventi garantiscono un controllo assoluto dei partecipanti, a partire dalla fase di preparazione fino alla conclusione”.

“Il Decreto Riaperture discrimina ancora una volta i congressi e i convegni e dimentica una fetta importante delle imprese del nostro Paese. Aziende che organizzano e producono eventi di marketing, B2B e B2C, meeting, eventi privati e matrimoni non possono contare su una data certa di riapertura che permetterebbe loro di ricominciare a sperare in una futura normalità. L’attenzione del Governo sembra spostata su settori che hanno manifestato il proprio dissenso con modalità ai limiti della violenza. Il nostro comparto ha invece sempre cercato un dialogo costruttivo e propositivo”, commenta Salvatore Sagone, presidente del Club degli eventi e della Live Communication e portavoce nei rapporti con i media di #Italialive.

“Siamo veramente esausti, e non solo perché dopo oltre un anno di fermo totale vediamo le nostre aziende sempre più a rischio chiusura ma perché il Governo non sembra ancora aver capito quanto il nostro comparto sia fondamentale per la ripresa dell’economia interna e per promuovere all’estero il Made in Italy. E questo nonostante tutto il nostro impegno, determinazione e rassicurazioni. Auspico che da parte del Governo ci sia un’immediata e definitiva presa di consapevolezza di tali gravi incongruenze e che, quindi, vi ponga rimedio nel Decreto in uscita”, aggiunge Alessandra Albarelli, presidente di Federcongressi&eventi e portavoce dei rapporti istituzionali e politici di #Italialive.

“Consapevoli dell’impegno del Governo nella campagna di vaccinazione e nel pianificare le aperture e con lo spirito costruttivo e propositivo con cui ci siamo posti dall’inizio di questa pandemia e con gli interlocutori istituzionali del nuovo esecutivo, devo segnalare la rabbia e la delusione per le anticipazioni sui media del contenuto del Decreto Riaperture – si legge nella lettera inviata dalle associazioni al premier Draghi -. Le fiere che per definizione sono grandi eventi aprono il 15 giugno, mentre gli eventi il 1 luglio. Questa distinzione è inaccettabile! Dovrebbe essere il contrario, proprio per la stagionalità dei congressi, convegni, meeting in genere ma soprattutto per le cerimonie private quali: comunioni, matrimoni civili e religiosi. Aprono i teatri dal 26 aprile, le sale congressi chiuse.
Aprono i ristoranti mentre le location per matrimoni e i catering chiusi.

Queste disuguaglianze devono essere eliminate, chiediamo quindi le seguenti date di apertura:

– 1 Maggio: matrimoni, cerimonie, eventi privati (con le stesse regole della ristorazione)
– 1 Maggio: formazione sanitaria in presenza (tutti i sanitari sono stati vaccinati)
– 1 Giugno: convegni, congressi, meeting e convention (con i protocolli già in vigore).

Tutte le tipologie di eventi sopra citati sono fondamentali per la vita delle persone, per l’economia (perché coinvolgono trasversalmente tutti i settori produttivi) per la formazione (necessaria nei momenti di transizione produttiva), generano indotto sul territorio a favore di alberghi, ristoranti che insieme a noi sono tra i settori più colpiti – concludono -. Avere queste date, non significa fare eventi e riempire i calendari ma è fondamentale per attivare piccole attività, rimettere in gioco gli addetti in cassa integrazione ed avviare iniziative di stimolo della domanda. Auspichiamo vengano recepite sin d’ora le nostre richieste, permettendoci di ripartire e di contenere il grave dissenso sociale e sconforto dei 569.000 lavoratrici e lavoratori del settore. Chiediamo al Governo rispetto e aiuto”.