Congedi ordinari sospesi per tutti i dipendenti dell’Unità Operativa Complessa di Medicina e Chirurgia di Accettazione e d’Urgenza del Policlinico di Bari, il Pronto Soccorso in parole povere, “fino al ripristino di condizioni di normalità assistenziale e comunque per il mese di aprile 2021”. È quanto si legge in una nota data ieri, 19 marzo, a firma del direttore, Vito Procacci.

Una decisione non facile da prendere e che ha già scatenato il malcontento, prese in considerazione della “situazione di gravissima emergenza legata alla pandemia in corso, con il conseguente stato di overcrowding di pazienti covid positivi, e l’attuazione del Piano di Massiccio Afflusso pazienti” scrive Procacci “al fine di assicurare standard sufficienti per la sicurezza di Pazienti e Operatori”. Apriti cielo.

La sospensione dei congedi ordinari arriva a qualche giorno di distanza da una lettera inviata dagli infermieri alla direzione generale, le immagini dei pazienti nei corridoi le hanno viste tutti, senza dimenticare le ambulanze del 118 che hanno dovuto lasciare la propria barella al Policlinico perché l’ospedale non ne aveva più da dare ai pazienti arrivati in ambulanza.

“Da circa una settimana – scrivono – è in corso un drastico aumento dei pazienti covid positivi, questo aumento però non è stato coperto con l’aumento del numero dei posti letto nei vari reparti e/o aumento del personale in pronto soccorso. Quindi attualmente vi sono in “pronto soccorso COVID” circa 50 pazienti positivi, tra cui più della metà pazienti in NIV (sottoposti a cura semi-intensiva)”.

“Questi pazienti – sottolineano – vengono gestiti nell’ex ambulatorio CPU (parte di questo spazio), Musi con annesso corridoio, “magazzino” ed ex stanze medici (non tutte le stanze hanno il bagno o sono attrezzate al meglio per garantire la gestione ottimale di un’emergenza sanitaria), Sala rossa, Area gialla”.

Tutto questo, prosegue la lettera, si traduce in “Carico di lavoro elevato (ci sono turni in cui c’è un rapporto infermieri/pazienti maggiore di 8 a 1, tra cui molti in NIV), impossibilità di garantire livelli minimi assistenziali; mancanza di servizi igienici per i pazienti (sala rossa, area gialla e varie stanze della Musi); mancanza assoluta di privacy; aumento della possibilità di eventi avversi; mancanza di percorso pulito per l’approvvigionamento ai DPI”.

“Con questo documento – concludono gli infermieri – ci esoneriamo da qualsiasi rischio di tipo legale (civile e/o penale) indotto da una cattiva o carente organizzazione delle attività lavorative e/o delle scelte di tipo clinico assistenziale”.