La pandemia di coronavirus, da quando è dilagata ormai un anno fa, ha riportato prepotentemente al centro delle cronache, e dunque della stretta attualità, il tema della scuola. La gestione del settore, con scelte difficili, contestate, osteggiate, a volte persino incomprensibili, ha di fatto creato diverse fratture a livello, sociale e perfino istituzionale. Con il segretario della Uil Scuola, Gianni Verga, abbiamo fatto il punto alla luce degli ultimi sviluppi legati alla ripartenza delle lezioni nuovamente in presenza, seppure non per tutti.

Segretario Verga, perché non siete d’accordo con le ordinanze del Presidente Emiliano?
“Comprendiamo le preoccupazioni del presidente da un punto di vista sanitario, ma per niente la scelta di aver trasformato la scuola dell’obbligo come servizio a domanda individualizzata, che pone una serie di problematiche ai docenti e ai dirigenti scolastici chiamati a organizzare e gestire contemporaneamente le classi da casa e in presenza”.

Cosa vi divide da altri sindacati?
“Sostanzialmente chiediamo la stessa cosa ma formalmente, rispetto alla didattica mista, non possiamo condividere come Uil un contratto nazionale, quello sulla didattica digitale integrata, che non abbiamo mai firmato e che, di fatto, legittima questa tipologia di frequenza con la classe divisa tra casa e scuola. Inoltre, il nostro dissenso lo manifestiamo all’aperto e lo abbiamo fatto con ben due sit-in davanti la sede della presidenza regionale”.

Vorremmo chiarire con lei, segretario, la differenza che c’è tra la didattica digitale integrata (DDI) e la didattica a distanza (DAD)?
“La prima, la didattica digitale integrata, non è prevista da nessuna legge ed è stata imposta con un decreto del ministro, successivamente anche disciplinata da un Contratto nazionale che, ripeto, la Uil Scuola non ha firmato e, rispetto al quale, il personale docente è ingabbiato. La seconda, la DAD, è una didattica alternativa alla presenza che si attua quando si verifica una situazione di emergenza”.

Perché non siete d’accordo con l’iniziativa di altri sindacati di far deliberare ai Consigli d’Istituto sull’applicazione delle regole disciplinate dall’ultimo DPCM per la scuola (primo ciclo in presenza e secondo ciclo dal 50% al 75% in presenza)?
“Perché rappresenterebbe una forma ulteriore di delega della salute rispetto ad una competenza che i Consigli d’Istituto non hanno e che metterebbe in serie molteplici difficoltà gli unici responsabili dell’istituzione scolastica, ovvero i dirigenti scolastici nella loro qualità di datori di lavoro. Proprio l’invocata autonomia scolastica verrebbe messa a rischio e in discussione da un tentativo di omologazione con cui si vorrebbero far passare determinate scelte. Non desideriamo alimentare possibili, ulteriori, conflitti all’interno delle scuole e da quel che potrebbe trasformarsi in uno scarica barile, di cui la stessa scuola diverrebbe l’anello più debole. Ci sono già troppi decisori politici e autorità sanitarie che, sicuramente, vigilano sulla salute di tutti. Francamente, il consiglio d’istituto, dovrebbe restarsene fuori da queste decisioni, di cui non ne ha la competenza. Se la scuola non è sicura, lo decideranno le autorità preposte e si andrà in didattica a distanza”.

Segretario, abbiamo sentito parlare dei T.O.S.S. (Team Operatori Sanitari Scolastici). Cosa sono?
“Ci piace chiamarli più semplicemente “presidi sanitari” presso le scuole, richiesta avanzata formalmente al presidente Emiliano il 2 ottobre 2020 dalla Uil Scuola e dalla Uil Fpl (categoria sanità). Abbiamo appreso con soddisfazione che la delibera è stata approvata dalla giunta regionale il 27 gennaio scorso. I presidi sanitari, da attuarsi già dal prossimo mese di febbraio, uno ogni 1.500 alunni, si occuperanno principalmente dello screening presso le scuole tramite tamponi veloci e, quando si passerà in fase vaccinale 2, della somministrazione dei vaccini per il personale scolastico. Siamo soddisfatti di questo risultato, tutto pugliese, riconducibile anche alla lungimiranza della nostra organizzazione sindacale nazionale, che chiede i presidi sanitari sin dal mese di aprile dello scorso anno. Bene hanno lavorato, da questo punto di vista, gli assessori Lopalco e Leo, i quali ora dovrebbero accelerare le operazioni per l’immediato funzionamento”.

Cosa vi preoccupa più in generale?
“Siamo fermamente convinti che la scuola dell’autonomia sia in grado, come sempre ha fatto, di pensare a ordini del giorno non imposti dall’esterno. Non vorremmo che la scuola della Costituzione, chiamata a svolgere una funzione essenziale dello Stato, possa diventare terreno di scontro politico e subire le ingerenze di organismi esterni. Ora dovremmo, piuttosto, fare tesoro dell’esperienza negativa procurata dal Covid e preoccuparci di organici al fine di scongiurare le famose classi pollaio, di stabilizzare i numerosi precari, di potenziare i trasporti e l’edilizia scolastica”.

Verga, cosa chiede al presidente Emiliano?
“Nel corso delle manifestazioni svolte dalla Uil, abbiamo più volte ribadito che la scuola in presenza potrà ripartire soltanto quando ci sarà la necessaria sicurezza e, quindi, solo quando i contagi cominceranno a diminuire e saranno recuperati i ritardi per l’attuazione di importanti misure, come quella dei presidi sanitari, che andavano previste da tempo a tutela della salute del personale scolastico e degli alunni. Detto questo e considerato l’indice di contagio ancora elevato, rispetto ad altre regioni, non ci appassiona né l’applicazione del DPCM e né il recepimento di format di delibere. Infatti, i numeri che registriamo per la ripartenza del secondo ciclo viaggiano intorno al 25% di presenze. Ciò che noi chiediamo al presidente Emiliano è di non adottare mezze misure, perché la didattica mista fa male a chi la impartisce e a chi la riceve”.