Da quando è scoppiata ormai 10 mesi fa, la pandemia del coronavirus ha sollevato in maniera impietosa il velo che ricopriva le magagne del 118, se non in Puglia quanto meno nel Barese. Arretratezza e lacune del sistema sanitario regionale a parte, quasi un anno di emergenza hanno strappato via le pezze e i rattoppi che coprivano i buchi fin qui spesso rammendati dalla buona volontà e abnegazione di chi ci lavora, a spese di sacrifici personali, per il bene della collettività.

Uno su tutti, l’enorme massa di telefonate che hanno sommerso la centrale operativa, fino a rendere impossibile per chiunque riuscire a parlarci nei momenti di maggior afflusso, ha messo in evidenza l’urgente necessità di ripensare la sua organizzazione, sia interna, sia di comunicazione con l’esterno. Lo spiega bene nel suo scritto Antonio Ressa, autista 118 ed esperto radioamatore.

L’altro nodo da sciogliere lo disamina Francesco Papappicco, medico del 118, sindacalista molto attento a tutto ciò che riguarda la sanità e in particolare l’emergenza-urgenza in Puglia. Riguarda, ancora una volta, la mancanza di un vero dialogo tra tutti pezzi che compongono il puzzle 118, centrale operativa e coordinamento, con in mezzo gli equipaggi che salgono sui mezzi per effettuare gli interventi di soccorso.

Di entrambi vi proponiamo qui di seguito riflessioni e proposte. Non vorremmo che con la campagna di vaccinazione anti coronavirus ai nastri di partenza, tutto finisse nel dimenticatoio per poi lasciare le cose esattamente come stanno.

ANTONIO RESSA, autista 118 e radioamatore, manutentore ponti radio rete C.i.s.a.r.
…”ciò che voglio esporre è da considerarsi prettamente riflessivo e propositivo, non considerando le attuali difficoltà cui la C.O. 118di Bari è sottoposta”…

Che il sistema di comunicazione telefonica cellulare tra Centrale Operativa 118 di Bari ed equipaggi presenti molte volte delle lacune, è oramai annoverato sin dagli arbori del sistema. Zone urbane o addirittura intere aree dell’entroterra, e non solo, non servite dalla copertura della rete cellulare, mettono il più delle volte gli equipaggi in una sorta di isolamento con non poche difficoltà nelle richieste di ausilio, supporto di altri mezzi di soccorso o delle Forze dell’Ordine alla centrale; stesso discorso per l’invio degli Ecg e ricezione degli stessi referti. Difficoltà aggravate dalla organizzazione interna di risposta telefonica degli operatori di centrale, impiegati allo stesso modo anche alla ricezione delle chiamate pubbliche di soccorso. La mancanza di una postazione dedicata esclusivamente alle comunicazioni con le ambulanze crea anche in questo caso la classica coda delle chiamate di servizio.

Altresì, se si pensa a quelle chiamate di servizio necessarie per la centralizzazione dei codici rossi, di richiesta della presenza del personale di rianimazione in Pronto Soccorso o richiesta delle Forze dell’Ordine per scenari non sicuri (tentativo di aggressione del personale, incidenti su viabilità pericolosa, presenza di incendi e pericoli vari), il tempo d’attesa per queste comunicazioni e/o richieste aumenta il fattore di rischio per gli equipaggi; oggi questa condizione viene amplificata maggiormente da un’attesa più prolungata dall’ordinario nella risposta della Centrale ai tentativi di contatto di servizio o di soccorso a causa delle migliaia di chiamate per patologie legate alla pandemia.

Sarebbe opportuno, alla luce di questa grave criticità, l’istituzione di una postazione telefonica all’interno della centrale, per le comunicazioni di emergenza con le ambulanze legate soprattutto ai codici rossi; il tutto potrebbe essere validamente supportato anche da un collegamento radio tra la Centrale e le postazioni, avvalendosi della rete radio della protezione civile regionale, quale, avendo una copertura molto vasta grazie alla presenza di numerosi ponti ripetitori, potrebbe garantire una via di comunicazione alternativa.

La Rete Radio Regionale della Protezione Civile Puglia, costata alcune centinaia di migliaia di euro, ad oggi è utilizzata nelle campagne stagionali di antincendio boschivo, nell’assistenza dei grandi eventi e nelle condizioni di calamità naturali. Il parco radio di apparati portatili potrebbe essere messo a disposizione alle postazioni 118, oltretutto avvantaggiate dalla presenza su quasi tutte le ambulanze anche di antenne esterne che ne aumenterebbero la portata. La copertura radio inoltre, ove vi siano zone d’ombra, potrebbe essere implementata da postazioni ponti radio provvisori o da “nodi” (gateway) che si potrebbero appoggiare sulla rete dati attraverso piattaforme dedicate.

Il contatto radio permetterebbe alcuni fattori essenziali in un servizio di emergenza/urgenza: velocità di contatto maggiore rispetto a quella telefonica, geolocalizzazione in tempo reale dell’ambulanza/radio portatile, l’invio di segnale di soccorso in caso l’equipaggio sia impossibilitato alla chiamata, indipendenza dalla rete telefonica che potrebbe avere delle cadute off line.

Si tratterebbe di pianificare, e perché no, di sperimentare questo utilizzo, proprio in virtù di eventi ancor più gravosi che potrebbero interessare il nostro territorio; è opportuno ricordare il famoso black out nazionale di alcuni anni orsono, che creò non poche situazioni emergenziali privando l’intera popolazione nazione di contatti telefonici fissi e mobili.
L’utilizzo di questa risorsa già esistente, rappresenta un tentativo di miglioramento di comunicazione e coordinamento fra Centrale Operativa 118 e le numerose postazioni attive sul territorio.

FRANCESCO PAPAPPICCO, medico 118
L’esperienza sul campo è il fondamento della medicina basata sull’evidenza, non di meno nel nostro settore, sempre più abbandonato al caso e all’improvvisazione di una gestione che non si è saputa rimodulare nel tempo tesaurizzando l’esperienza in prima linea, in primis a causa del rifiuto a condividere metodi di ricerca di soluzione pratica delle criticità e che continua a precludere apoditticamente la via del dialogo.

Il miglioramento del servizio d’emergenza-urgenza 118 deve invece a mio avviso costruirsi continuamente sulla condivisione, sulla comunicazione, sulle competenze responsabili, sulla valorizzazione dei singoli apporti. Lavorare a compartimenti stagni e decidere ex cathedra, continua a precludere ogni spiraglio di “cura” del SEST. Gli equipaggi risentono da anni della mancanza di confronto con due esecutivi monolitici arroccati nelle rispettive fortezze.

Continuare ad arrampicarsi su questo crinale, ignorando le proposte degli equipaggi e negando in via preconcetta momenti di briefing comunitario in sessioni periodiche di incontro, pregiudica ogni possibilità di miglioria del servizio per pazienti e della sicurezza del lavoro degli operatori. Mina altresì alle basi la fiducia, lo scambio di esperienze, la stima reciproca, le volontà e la passione dei singoli, proprio perché si finisce per non conoscersi.

Necessita invece ripensare un nuovo corso per il 118 barese. La mia esortazione invita a cambiare registro, ad iniziare a ben governare il servizio, a scendere tra gli uomini sul territorio per imparare ad ascoltarli prima ancora che a pontificare. Si scoprirebbero persone con altre competenze e passioni, come autisti soccorritori, soccorritori e sanitari, ben propensi a fornire preziosi contributi tanto disinteressati personalmente quanto utili per tutti.