“A noi insegnanti non hanno dato nessuna possibilità di scelta, come se fossimo carne da macello, mentre i genitori possono decidere se mandare o no i figli in classe”. In questo periodo storico la scuola è un tema scottante che divide l’opinione pubblica.

Dopo l’ultima ordinanza del presidente Emiliano, nella quale è stata disposta la riapertura degli istituti scolastici garantendo la didattica a distanza, molti genitori hanno avuto la facoltà di decidere se mandare il proprio figlio a scuola o se continuare a tenerlo nelle quattro mura domestiche, lontani dalla possibilità di un probabile contagio.

Alla categoria degli insegnati, invece, non è stata data nessuna facoltà di scelta. “Dobbiamo recarci a scuola per seguire contemporaneamente sia gli studenti che sono in classe sia quelli che seguono le lezioni da casa” sottolinea una docente precaria.

“Oltre al fatto che noi, per recarci a scuola, prendiamo i mezzi pubblici e quindi siamo fonte di contagio per quegli studenti impossibilitati nel seguire le lezioni a casa. Nel caso in cui ci siano casi di positività all’interno delle classi – spiega l’insegnanti – passati i 14 giorni, non siamo sottoposti a tampone e nemmeno i bambini che potrebbero essere asintomatici. Ogni giorno, quindi, rischiamo la pelle”.

“Anche noi insegnanti abbiamo il diritto alla salute fisica e mentale. Sarebbe più logico mettere tutti in didattica a distanza – sottolinea -. La modalità della didattica digitale integrata preserva pochi a discapito di tanti”.

“Ci sono stati dei morti anche nella nostra categoria, l’ultimo il docente di Altamura di una scuola media. Se i genitori temono per la salute dei loro figli e decidono di non mandarli a scuola, perché non possiamo avere anche noi paura di un possibile contagio? Perché non possiamo adottare anche noi lo smart working come hanno fatto tante altre aziende pubbliche e private? Da mamma e da precaria – conclude – rivendico il diritto di scelta tra salute e lavoro”.