Il coronavirus in Puglia continua a correre, ieri stando ai numeri del bollettino il rapporto tra numero di tamponi fatti e positivi è schizzato a 1 ogni 5, tanto, tantissimo, anche se dalla Regione si continua a dire che secondo i parametri siamo in zona arancione e che la responsabilità di decidere il passaggio alla fascia di rischio più alta spetta al Governo. Poco importa se altri presidenti di Regione, si veda l’Abruzzo, hanno preso il coraggio a 4 mani e hanno deciso autonomamente.

Lopalco continua a sostenere che il sistema regge, anche se ammette che “gli operatori sono stressati”; chissà come mai, operatori che ormai si sgolano per chiedere di chiudere tutto. Il 118 non ce la fa più a coprire il territorio, i tempi di intervento si sono allungati a dismisura, la gente resta a terra anche un’ora prima di essere soccorsa, e in tanti chiamano le ambulanze private.

La corsa alla conversione dei nosocomi in ospedali covid è una lotta contro il tempo, per fare le cose senza mettere a rischio l’incolumità di pazienti e personale ci vuole tempo, che oggi la Puglia non ha più, dopo i mesi estivi gettati al vento per la campagna elettorale densa di “ce la faremo”, “saremo pronti” e via dicendo.

Venerdì, a due settimane dall’ingresso in zona arancione, potrebbe partire la richiesta di andare in zona rossa; nelle ultime ore ha preso a circolare l’ipotesi di una differenziazione per province, con Bari e Foggia quelle messe peggio e dunque candidate a chiudere tutto.

Mentre nel Barese si rincorre la conversione a covid hospital, altrove, nella Bat per esempio, si sta allestendo un ospedale da campo, soluzione che se fosse stata perseguita già da tempo, avrebbe permesso di isolare i pazienti covid in aree dedicate e salvaguardato in qualche modo i pazienti no covid, ma ormai siamo ben oltre le recriminazioni. Il periodo dei “se” è stato superato da un pezzo.