Foto di repertorio

I contagi da coronavirus aumentano di giorno in giorno. L’ultimo bollettino evidenzia che 41 dei nuovi 69 casi sono nel Barese. E proprio nel capoluogo pugliese è in atto un’emergenza silente legata alla gestione di migranti e senzatetto in generale. Vi abbiamo raccontato di casi di positività nelle cosiddette case di comunità gestite da organizzazioni del terzo settore per conto del Comune. C’è un paradosso.

Alla ripresa degli ingressi dopo il lockdown, nelle strutture si entra senza alcun controllo, praticamente presentando un’autocertificazione, ovvero senza che i nuovi ospiti – magari asintomatici – vengano sottoposti al tampone. Avete capito bene, mentre chi torna dalle vacanze nelle zone a rischio deve sottoporsi al test e alla quarantena, migranti e senzatetto firmano solo un’autocertificazione imposta dal Comune su disposizione della Regione Puglia.

Libero accesso nelle strutture, da cui si può entrare e uscire senza limitazioni, con il rischio di generare nuovi focolai. Senza contare chi vive per strada come Michele e nelle strutture va al massimo per mangiare. In tanti si domandano come mai per accedere nelle scuole, negli uffici pubblici, nelle RSSA, solo per fare qualche esempio, sia previsto il test al rientro, mentre i nuovi ospiti delle case di comunità non siano obbligati a farlo. Basta firmare un pezzo di carta, magari ignorando la lingua in cui è scritto o tacendo su fatti essenziali per la paura di continuare a vivere per strada, come successo a molti quando non era possibile a causa del lockdown.

Si tratta di persone libere di girare per la città, di frequentare altra gente, che spesso – come accaduto nei giorni scorsi – scappano pur consci di essere positivi. In questo modo, a detta di molti operatori del settore, aumenterebbe il rischio sanitario e sociale, in questo momento già elevato. Sia chiaro – al netto di commenti stupidi o peggio ancora di matrice razzista – siamo a favore dell’accoglienza e dei progetti che il Comune di Bari ha messo in campo con grandi sforzi e risultati positivi a vantaggio dei più sfortunati, qualunque sia il colore della loro pelle o la ragione delle difficoltà, ma bisognerebbe in questo particolare momento storico supportare con correttivi seri tutti coloro che operano nel settore, oltre che i fruitori del servizio d’accoglienza. Non per ultimo, si tratterebbe di una maggiore tutela anche per tutti i cittadini baresi e pugliesi. Una scelta che contrasta con ciò che accade ai nuovi ospiti del Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo (Cara) di Palese, dove oggi sono ospitati appena 132 migranti. Tutti vengono sottoposti al tampone.

L’invito di molti addetti ai lavori al Prefetto, al Presidente della Regione Puglia, ai sindaci e ai componenti della task force pugliese è proprio quello di prevedere tamponi a tutti coloro che fanno il loro primo ingresso nelle strutture, in aggiunta ai controlli giornalieri per quanti sono già ospiti. Non solo. Si dovrebbe prevedere, una volta riscontrata la positività, a mettere in piedi luoghi idonei alla vita in quarantena. Si tratta spesso di persone fragili, non inclini alle regole, incontrollabili com’è stato possibile osservare durante il lockdown, quando molti di loro sono stati cacciati da alcune strutture, anche dopo violente discussioni e l’intervento delle Forze dell’Ordine.

In considerazione della delicatezza della questione, abbiamo posto i quesiti su cui ci interroghiamo all’assessore al Welfare del Comune di Bari, Francesca Bottalico.

LA DICHIARAZIONE DELL’ASSESSORE BOTTALICO – I flussi dei migranti sono di competenza delle Prefetture e non riguardano i comuni. Il Comune non gestisce strutture per quarantena e per accoglienza dei soggetti positivi. Le strutture delle case di comunità, come quella di via Lopez gestita dalla Caritas e coop. Equal Time, sono strutture per persone senza dimora, italiani e migranti, che fanno istanza e poi vengono inseriti in banca dati, entrano in graduatoria, sono valutati da una equipe per l’eventuale acceso.

Così come da protocollo condiviso con la Asl vengono sottoposti a triage e misurazione della temperatura ogni sera quando accedono. Così sono stati individuati due casi sospetti e segnalati subito alla Asl, che ha avviato le procedure previste (uno è quello di Villa Ata ndr). A livello preventivo comunque tutti gli ospiti e operatori sono stati sottoposti a tampone dopo i 2 casi che in entrata sonno stati bloccati e ospedalizzati.

Stiamo interloquendo con Protezione civile regionale per la futura sistemazione di eventuali positivi asintomatici, sulla base dei protocolli già collaudati durante il lockdown. A tutti i senza dimora in struttura e in strada sono consegnati periodicamente a livello preventivo kit anti Covid così come ad alcune famiglie in difficoltà e a utenti disabili. L’isolamento dei senza fissa dimora (di tutte le nazionalità) presenta molte difficoltà, perché si tratta di soggetti che spesso rifiutano la prescrizione dell’isolamento.

Hanno avuto paura del tampone e si sono allontanati dalla struttura senza fare più ritorno. Negli uffici è un momento delicato per tutti e tutte, per chi sta lavorando in presenza, in strada, nei luoghi pubblici è importante attenersi a tutti i comportamenti che possono limitate ed evitare la trasmissione, a partire dalla mascherina, dal lavarsi frequentemente le mani, oltre che mantenere il distanziamento speciale.

Comprendiamo il momento particolarmente complicato, che sarà reso anche più difficile se, come ci è stato riferito da fonti ministeriali, dalla Sicilia arrivino effettivamente nuovi migranti. Fatta salva la misurazione della temperatura agli ospiti che ritornano nelle strutture dopo una giornata di lavoro, al mare, in compagnia di conoscenti, appare doveroso effettuare il tampone a chi per la prima volta fa accesso in quelle stesse case di comunità per evitare possibili focolai.