Una schiera di dipendenti pubblici e privati, rappresentanti degli autisti d’ambulanza iscritti ai Co.E.S. (Associazione Conducenti Emergenza Sanitaria) di tutte le Regioni italiane, è scesa ieri in piazza davanti a Montecitorio per chiedere una rivoluzione nel sistema del soccorso e trasporto sanitario a mezzo ambulanza, a partire dal riconoscimento giuridico da parte dello Stato della Figura Professionale di Autista-Soccorritore”.

“Gli Autisti d’ambulanza, prima del decreto istitutivo del servizio 118 (DPR 27.3.1992), avevano un livello tecnico-assistenziale mediamente molto scarso. Di fatto si provvedeva al mero trasporto o poco più, ma non a portare il soccorso dal paziente – si legge nel comunicato -. I mezzi dovevano arrivare in fretta, caricare velocemente, poco importava come, e speditamente correre verso l’ospedale. In questo contesto l’ambulanza a volte arrivava anche con il solo conducente a bordo. In seguito, l’integrazione del servizio pubblico con le aziende private e le onlus ha creato una sinergia fra le risorse disponibili nel nostro Paese”.

“L’identificazione dell’infermiere o del medico come responsabili/capo equipaggio, lo sviluppo dei protocolli operativi stilati dalle centrali 118, la classificazione delle tipologie e lo standard dei tempi d’intervento, hanno cambiato radicalmente la qualità dei servizi sanitari resi ai cittadini a mezzo ambulanza e/o auto-medica fornendo sia servizi di soccorso di base che avanzati – scrive Co.E.S. -. Oggi, il servizio 118 e l’utenza chiedono sempre più performance di alto livello alle equipe, sia in termini di preparazione professionale che in termini di disponibilità umane, ed anche i mezzi sono costantemente aggiornati e dotati di attrezzature tecnologiche all’avanguardia. A partire dal 1992, il soccorso extra-ospedaliero ha sempre rappresentato un ambito nel quale l’infermiere poteva svolgere un maggior numero di attività in confronto al contesto ospedaliero e con un grado di autonomia sempre più elevato”.

“Oggi i professionisti sanitari operanti a bordo dei mezzi di soccorso infermierizzato hanno potuto toccare con mano il vero significato del termine competenze avanzate. Infatti essi svolgono una serie di attività in autonomia, assumono decisioni importanti e sono abilitati all’esecuzione di algoritmi clinico-assistenziali, strumenti in grado di far esprimere al meglio le loro capacità – si legge ancora nel comunicato -. Gli infermieri del soccorso territoriale 118 posseggono quindi delle competenze elevate e peculiari che gli altri colleghi non abilitati non possiedono e dalle quali ne derivano delle maggiori responsabilità, tant’è che oggi si rafforza sempre più nella comunità infermieristica la voglia di vedersi riconosciute, anche contrattualmente, queste competenze evolute o Comunicato Stampa Associazione Naz. di Categoria degli Autisti Soccorritori Professionali specialistiche, acquisite in anni di studio e di pratica clinica”.

“Agli Autisti-Soccorritori professionali, che per inciso lavorano circa 1600/1700 ore all’anno in media a fianco di questi infermieri super-specializzati, non si è pensato di dare una adeguato livello di scolarità in linea con l’evoluzione del moderno soccorso. Essi, in molti casi, hanno dovuto arrancare per stare al passo nella collaborazione con i sanitari, spesso pagandosi la formazione necessaria di tasca propria – spiega Co.E.S. -. È incontrovertibile che oggi sugli interventi complessi, soprattutto quando non c’è il medico, gli infermieri richiedono continuamente il nostro contributo perché siamo gli unici collaboratori disponibili in loco dei quali si fidano. È  atteso da molte centrali operative regionali che noi in qualità di tecnici dobbiamo saper collaborare con gli infermieri ad esempio in uno scenario di rianimazione complessa e saperlo fare a regola d’arte. Dobbiamo di fatto rilevare parametri vitali, oppure effettuare Elettrocardiogrammi a 12 derivazioni, applicare massaggiatori cardiaci automatici esterni, ed ancora più nello specifico, saper predisporre e passare celermente al professionista tutto l’occorrente per le manovre invasive complesse da lui messe in pratica. Questa risulta essere una preparazione ad hoc assolutamente necessaria anche per poter lavorare nei trasporti secondari ospedalieri d’urgenza dove si utilizzano attrezzatissime ambulanze di terapia intensiva, trasporto neonatale, circolazione extracorporea, trasporti bariatrici”.

“Del resto all’Autista-Soccorritore i sanitari, come i pazienti, affidano il bene più prezioso che hanno, ovvero la propria vita! Non è un caso se sulle strade italiane il numero degli incidenti ai mezzi di soccorso e dei morti ne settore sia in vertiginoso aumento negli ultimi anni – si legge -. Questo dimostra che in mancanza di un Autista-Soccorritore provetto, che sia psicologicamente stabile e addestrato a guidare con perizia e senso pratico, nessuna equipe d’emergenza sanitaria è sicura di arrivare in primis sana e salva sul luogo dell’evento e di conseguenza a casa dai propri cari a fine turno. La sicurezza si cura! Pertanto una formazione esauriente dovrebbe mirare a creare una figura completa dell’ormai necessario addestramento teorico/pratico”.

“Negli ultimi mesi la pandemia ha messo in evidenza tutta la fragilità del nostro sistema di soccorso. Facendo una ricognizione dei colleghi contagiati, a livello delle regioni più colpite, abbiamo scoperto che anche noi Autisti-Soccorritori abbiamo avuto molte perdite umane fra i colleghi, sia nel servizio pubblico che nel privato. Dei dipendenti morti però non si è parlato molto anche se sono stati parecchi gli infettati in tutta Italia ed i ricoverati con postumi anche gravi, per non parlare delle defezioni dai turni di servizio nelle associazioni da parte dei volontari più anziani – denuncia Co.E.S. -. Oltre agli altri numerosissimi casi che sono stati messi in isolamento in tutta la penisola. In questo disastroso e drammatico contesto la realtà ci ha però dimostrato che non siamo eroi, come qualcuno ci definisce, ma professionisti che cercano di soppesare conoscenza, dovere e rischio nella giusta misura per poter fare il proprio lavoro e tornare a casa sani e salvi dalla propria famiglia ogni giorno. Il rischio che ci assumiamo aumenta però notevolmente quando non si hanno a disposizione percorsi formativi e mezzi adeguati. Molti di noi infatti sono stati colti impreparati perché inconsapevoli dei rischi causa scarsa o nulla formazione, pagando così un prezzo inaccettabile! Non essendo ancora riconosciuti giuridicamente come una figura professionale dallo Stato Italiano, ogni Regione attualmente definisce la propria formazione, facendo di fatto quel che vuole!”

“Chiediamo quindi una formazione uniforme con attestato professionale e registro abilitante per tutto il territorio nazionale – chiede Co.E.S. -. Lo dobbiamo a noi stessi come Categoria e per garantire l’efficacia, l’univocità dei servizi e la qualità dei risultati all’utenza che assistiamo. Per tutti questi motivi, con la perseveranza e la determinazione che ci ha contraddistinto negli ultimi 20 anni, in accordo con le rappresentanze Sindacali Nazionali dei lavoratori oggi stanchi di aspettare vane promesse, siamo qui per chiedere finalmente una Rivoluzione nel soccorso sanitario che riguardi anche la formazione di tutti i dipendenti Autisti-Soccorritori pubblici e privati, ovvero un profilo professionale con uno stato giuridico adeguato che dia finalmente standard nazionali opportuni, qualità all’utenza e giustizia alla nostra Categoria, sanando le vergognose situazioni anomale e di sfruttamento e/o di lavoro nero e che non sono certamente degne di un paese civile come l’Italia. Protestiamo e diciamo basta, siamo stanchi di attendere”.

Una situazione che riguarda da vicino anche la Regione Puglia. “Tra le varie stranezze che contraddistinguono il 118 pugliese, abbiamo sollecitato gli organi istituzionali Regionali per tutte le criticità riguardanti la professionalità dell’Autista di Ambulanza- Soccorritore, sottolineando con vigore la mancanza di formazione continua così come ben definita dai vari CCNL e leggi in materia di sicurezza – scrive Co.E.S. Puglia -. La legge regionale n° 17/1996, in riforma della Legge Regionale n° 27/1993, ha previsto per i soli Soccorritori delle Associazioni di Volontariato un percorso formativo di 150 ore indirizzato esclusivamente al primo soccorso sanitario tralasciando, di fatto, le materie propedeutiche  riguardanti la guida e la gestione del mezzo di soccorso e le nozioni elementari che riguardano la messa in sicurezza del mezzo sul luogo dell’evento a garanzia di un soccorso qualificato e professionale”.

“Le discrepanze tra il personale autista dipendente Asl e autista dipendente dall’associazione di volontariato divengono macroscopiche, se si considerasse che ai primi non è attribuito il corso formativo delle 150 ore di cui godono gli autisti soccorritori delle associazioni di volontariato e, inoltre, quest’ultimi godono di un identificativo, allo stato non normato, di autisti soccorritori che i primi non hanno – si legge nel comunicato -. In applicazione delle citate leggi, le AA.SS. LL. pugliesi hanno adottato percorsi formativi anche diversi fra loro per cui, accade, che nell’ambito dello stesso territorio regionale, ci troviamo di fronte a formazione e competenze diverse tra loro pur svolgendo la medesima missione”.

“Per tutto quanto espressamente analizzato, seppur in forma sintetica, si auspica il riconoscimento a pieno titolo professionale della figura dell’autista-soccorritore per il 118 che possa usufruire di quella formazione costante ed innovativa, così come per il personale sanitario, che sia volano di una sanità e di un soccorso migliore, che non sia tarpato da logiche di sistema ma, omogeneo a livello di tutto il territorio nazionale poiché, non ci sono autisti di serie A ed autisti di serie B che siano soccorritori o meno”, conclude Co.E.S. Puglia.