“Non so più come fare, se continua così salgo su una sedia in balcone e mi butto giù”. Francesca è una donna forte, porta avanti la baracca da sola, separata da diversi anni, e madre di una figlia disabile che a 44 anni deve essere seguita costantemente. Ora però è stremata: “Non posso lasciarla sola neanche un momento, perfino quando sono andata a protestare con gli altri genitori davanti al Comune, me la sono portata dietro. Non ho nessuno a cui lasciarla”.

Il problema, tanto per cambiare, è la maledetta burocrazia, che ogni giorno uccide questo Paese lentamente con le sue gocce di veleno. Prima che scoppiasse la pandemia del covid-19, Francesca portava sua figlia al centro diurno, con grande beneficio per entrambe. Poi l’emergenza sanitaria ha costretto i centri a chiudere e le famiglie a stare in casa. Una reclusione non semplice per quanti vivono situazioni del genere. La parziale riapertura del 4 maggio aveva ridato un barlume di speranza, ma poi è arrivata una vera e propria doccia fredda.

“I primi tempi è stata buona e tranquilla – racconta Francesca – via via è diventata insofferente fino a gridare, le poche volte che sono uscita per fare la spesa o cose del genere, è sempre venuta con me, per darle sollievo e perché non può certo rimanere da sola. Anche quei pochi minuti per lei sono stati determinati. Pensavo che con la riapertura del 4 maggio le cose tornassero a posto, invece no”.

A spiegare cosa sta succedendo ci pensano proprio i gestori delle strutture, che hanno inviato una mail al Comune di Bari: “Sabato 2 maggio, con la deliberazione 622 la Regione ha in pratica comunicato a tutti i centri diurni, sia contrattualizzati con le Asl sia privati, che dal 4 potevano riaprire se erano nelle condizioni di farlo, ovvero rispettando tutti i protocolli di sicurezza per il coronavirus, senza aver fornito linee guida specifiche a cui attenersi, esponendo i gestori ad enormi responsabilità anche di tipo penale, salvo poi sedersi a tavolino per definire una coprogettazione per quanto riguarda i maggiori costi da sostenere tra sanificazione, dispositivi di protezione etc, e per la rendicontazione. A oggi, nulla di tutto ciò stato fatto”.

“Ad oggi ancora non apriamo e non apriremo – spiegano con grande amarezza – il tavolo di progettazione dovrebbe riunire i gestori, l’Ambito Territoriale e il Sisp Sistema di Igiene e Sanità Pubblica della Asl, che dovrebbe mettere per iscritto le procedure a cui attenersi in riferimento alle caratteristiche del servizio specifico, per assicurare la prevenzione del contagio da covid-19. Ieri siamo riusciti a organizzare una teleconferenza con i gestori e il Comune di Bari, ma si è trattato di un incontro non ufficiale, convocato da noi e non da loro, che avrebbero dovuto mandare la pec a tutti. Non a caso mancavano i sindacati e la Asl, che non potevo certo invitare noi”.

“Alla fine il Comune ha detto che non dipende da loro – aggiungono – ma dalla Regione, anche se sulla circolare non c’è scritto questo. In ogni caso si è fatto portavoce con l’Ente delle problematiche emerse durante l’incontro. Abbiamo inviato una pec in Comune, adesso possiamo solo aspettare che si muovano, fatto sta che familiari sono disperati. Più che svolgere attività a distanza, con mille piattaforme possibili, non possiamo”.

“Ci sono fondi a disposizione e stanziati a bilancio – sottolineano – secondo il decreto Cura Italia, potremmo rendicontare sia alla Asl che all’Ambito Territoriale queste attività riabilitative svolte in maniera alternativa, fatto sta che né uno né l’altro ci hanno detto come vanno rendicontate. In tutto questo i genitori possono e a volte devono tornare al lavoro, e non sanno come fare”.

“Aggiungiamo poi che noi gestori non abbiamo attivato la cassa integrazione, perché non è compatibile con i così detti progetti Riabilitativi a distanza, situazione che crea preoccupazione per il mantenimento dei livelli occupazionali; se noi continuo a rendicontare le attività, vuol dire che continuiamo ad avere il personale alle dipendenze. E stiamo appesi – concludono – anticipando stipendi, senza avere tempi certi, senza sapere se perderemo la rendicontazione alternativa e per assurdo anche la cassa integrazione se dovessero finire i soldi”.