Il Dpcm del 26 aprile, con cui il Governo ha dettato le regole per la Fase 2 del coronavirus, ha dato il via libera agli spostamenti per una vasta serie di motivi, fermo restando la ribadita necessità di limitarli il più possibile. Raccomandazione, purtroppo, non ben compresa stando a quanto si legge sulle pagine di cronaca dei giornali.

Se è vero che ha eliminato l’impossibilità di rivedersi coi propri cari, la famosa questione dei congiunti, è vero che in molti lamentano una grave dimenticanza. Senza girarci troppo intorno, il punto è che tra i divieti ereditati dal primo decreto, c’è quello di spostamento al di fuori dei confini regionali, ribadito anche dalle faq pubblicate su governo.it:
Posso andare a trovare congiunti fuori regione?
No, gli spostamenti al di fuori della propria regione restano consentiti esclusivamente per ragioni di lavoro, salute o assoluta urgenza.

E quindi? Quindi succede che una coppia divisa tra Lesina e Santa Maria di Leuca può incontrarsi senza infrangere le regole e senza incorrere in sanzioni o denunce, se invece lui e lei vivono uno a Matera e uno ad Altamura, possono sono salutarsi al confine tra Puglia e Basilicata, ma non possono “ricongiungersi”. La lettera al premier, Giuseppe Conte, qui di seguito, ben spiega il paradosso di una situazione che si protrae ormai da mesi, l’auspicio è che dal 18 maggio il Governo intervenga per porre rimedio.

Caro Conte, esistono anche i congiunti fuori regione
Genitori, fratelli, sorelle, zie, cugini (anche di sesto grado), fidanzati o comunque affetti stabili. Sono i cosiddetti “congiunti”, l’elenco delle persone che è possibile visitare a partire dal 4 maggio dettato dall’ultimo Dpcm del 26 Aprile che ha di fatto inaugurato la famigerata “Fase 2”.

Quello che il Presidente del Consiglio ha del tutto ignorato, però, è che esistono i congiunti anche fuori dai confini regionali. Un piccolo esercito di persone che, dopo aver rispettato i dettami del lockdown, ancora oggi non possono rivedere le persone care. Ma non sono una mandria di irresponsabili incivili che non conoscono i rischi del contagio. Da buoni cittadini hanno capito, compreso e anche accettato questa ulteriore proroga della chiusura dei confini regionali oltre 4 il maggio perché il Coronavirus è una cosa seria.

Ma adesso una preghiera: dopo il 17 maggio basta. Il Governo dovrebbe aggiungere il caso della visita ai congiunti fuori regione a quelli già vigenti di assoluta urgenza o esigenze lavorative e magari impedirlo in quelle regioni che sono ancora a rischio secondo i parametri fissati dal ministero della Salute.

Nessun “tana liberi tutti”, nessun viaggio di piacere, nessun “festino”: si tratta solo di dare la possibilità di rivedere i propri cari fuori regione con tutte le precauzioni del caso, anche quarantene.

Si tratta di un diritto che in questa fase è stato negato soltanto a queste persone che non solo non vedono i propri affetti da 60 giorni, ma non sanno nemmeno quando potranno rivederli e si logorano nell’attesa che venga decisa una data con l’aggravante che con un leggero aumento dei contagi (fisiologico con le riaperture) questa data si allontani ulteriormente. Tutto questo è INACCETTABILE.

Il premier pare aver completamente dimenticato queste persone così come aveva dimenticato che non si può riaprire tutti allo stesso modo tanto che l’iniziale strategia di “Riaperture omogenee in tutta Italia” è stata poi modificata con il “Aperture regionali in base ai dati” (cit. ministro Boccia)

Adesso chi è rimasto bloccato può, giustamente e legittimamente, tornare a casa. Ed ecco servito il paradosso: il 90% di questi per ovvi motivi proviene da regioni dove il virus ha circolato e continua a circolare di più, mentre per assurdo un campano non può venire in Puglia, un calabrese non può andare in Abruzzo, un romano non può andare in Basilicata.

Il Governo Conte, tra mille difficoltà, errori (alcuni evitabili, altri no) ha fino ad ora gestito bene l’emergenza. Adesso dimostri di avere la giusta sensibilità e risolva questa ingiustizia.