Negozi, bar, barbieri e ristoranti da oggi hanno rialzato le saracinesche dei propri locali. L’economia è pronta a rimettersi in moto, per scuole e università invece servirà ancora aspettare. Le lezioni telematiche a distanza continuano ma a tenere banco è anche il destino di migliaia di studenti universitari fuori sede, in attesa di conoscere il proprio futuro.

C’è chi ha abbandonato la propria abitazione, con l’affitto pagato in parte con le borse di studio percepita durante l’anno, per ricongiungersi ai propri cari ma ora che la situazione sembra essere tornare alla normalità, al momento il rientro di alcuni sembra essere bloccato. I pagamenti però continuano con i soldi, dell’affitto e della mensa, che vengono mensilmente scalati nonostante non si usufruisca più dei servizi.

Sono arrivate decine di lettera, scritte da studenti infuriati per la situazione e a caccia di risposte. Come quella di Valeria, studentessa fuori sede iscritta all’università Aldo Moro.

“Risiedo in una delle residenze per studenti. Data la situazione, in cui ci troviamo, dovuta alla pandemia, quasi tutti gli studenti, le parlo in generale non solo di Bari, per la chiusura delle università avvenuta nel mese di Marzo, sono tornati presso le loro case, non consapevoli che il decreto emanato il 10 Marzo sarebbe stato valido fino al 26 Aprile. Nelle residenze però, nonostante questo, ad oggi sono presenti ancora alcuni ragazzi e a quanto pare, l’ente che ci garantisce il diritto allo studio ossia ADISU PUGLIA, ritiene impossibile il ritorno al possesso della nostra stanza (per ritorno intendo la possibilità di tornare a vivere li, poiché la maggior parte dell’anno lo trascorriamo li) per tutelare chi vi è rimasto all’interno.

L’ente ha dato queste disposizioni sulla base di un decreto che attualmente non è più in vigore. Quello che vorrei segnalare è il fatto che noi studenti delle residenze universitarie, percepiamo una borsa di studio dalla quale, una buona parte di spese per il pagamento della stanza e del servizio mensa, vengono trattenuti dall’ente stesso; sulla base di questo, vorrei farle notare che non mi sembra corretto che alcuni di noi siano ancora dentro la residenza ed usufruiscano del servizio mentre, un’altra buona parte degli studenti sia fuori dalla residenza, non usufruisce del servizio ed infine non venga rimborsata della quota della non fruizione del servizio di questi mesi di assenza. In realtà, informandomi su siti, e parlando anche con studenti di altre regioni di Italia, residenti anche loro in strutture come la mia, la possibilità di ritornare li, per chi è tornato a casa c’ è, ovviamente nel rispetto delle misure di sicurezza. Per fare questo basta solo chiudere i luoghi comuni come sale bar, aule studio, eventuali palestre, mantenere una distanza di sicurezza, ed indossare mascherine e guanti.

La vita nella residenza si sta svolgendo in maniera regolare il che vuol dire, che comunque i ragazzi che si trovano all’interno possono uscire, quindi chiunque può contrarre il virus anche solo recandosi al supermercato per fare la spesa. Basta una sola persona per contagiare il resto. Quindi non vedo come possiamo noi, studenti tornati a casa, rappresentare un eventuale rischio di contagio. A tale riguardo credo che al fine di tutelare tutti occorra una presa di posizione giusta. Quindi o la residenza resta aperta per tutti e viene garantito a tutti gli studenti di fare ritorno alla propria abitazione oppure, la residenza può restare aperta solo a chi è all’interno ma, deve essere garantito, a chi è fuori, il rimborso della quota di non fruizione del servizio dal mese di marzo ad oggi. Vorremmo che, i nostri diritti così come ci vengono dati, siano anche rispettati”.