Il caso dei contagi all’interno dello stabilimento di lavorazione carni Siciliani, a Palo del Colle, è l’emblema della filiera comunicativa. Ognuno scrive tutto dal suo punto di vista, ma in queste vicende gli unici a non poter dire la loro sono gli operai, stretti nel dilemma su cosa sia più importante fra il lavoro e la salute.

Siciliani sostiene che dal momento dell’emergenza tutto sia stato fatto secondo i protocolli. Il commissario prefettizio tiene sotto controllo la situazione. La Asl procede sotto il profilo sanitario. Ma siamo sicuri che in questo caso la mappatura sia davvero possibile o comunque possa essere precisa? Nelle rassicurazioni che vengono fatte a più livelli ce n’è una soprattutto che fa saltare il banco.

Come si può mantenere la distanza di sicurezza nella lavorazione di un agnello? Stando al racconto di alcuni operai non è assolutamente possibile. Da quando l’agnello viene appeso per una zampa, ancora vivo, al momento in cui, morto, finisce in cella, ci sono una trentina di operai che “badano” all’animale uno attaccato all’altro. L’agnello viene appeso vivo a un gancio e inizia il suo percorso. Gli operai sono vicini tra loro e questo lo sa chiunque dei dipendenti dello Stabilimento e della cooperativa a cui fanno capo.

Non si tratta di prendere o meno precauzioni, ma della lavorazione ordinaria che non consente la necessaria distanza anti-contagio. L’agnello destinato al suo ultimo viaggio viene appeso dopo essere stordito. E poi man mano che il nastro scorre un operaio lo sgozza e la serpentina continua mentre l’animale muore dissanguato. Ognuno provvede a un’operazione e gli operai sono a stretto contatto. Alcuni operai tagliano le zampe, altri incidono la pelle, altri ancora lo scuoiano, a destra e sinistra. L’agnello viene riempito d’aria e così finisce in cella.

Nessuna distanza di sicurezza stando a sentite gli operai della cooperativa. Il diavolo fa le pentole e pure i coperchi a volte. Ed è proprio ciò che sarebbe successo nello stabilimento Siciliani. A Natale e a Pasqua la lavorazione degli agnelli subisce un’impennata. La promiscuità aumenta il rischio. Operai della lavorazione del bovino o del maiale finiscono sulla catena degli agnelli, quest’anno a maggior ragione calcolando le tante assenze per malattia. Diversi dipendenti, infatti, sono rimasti a casa per malattia, salvo poi ritornare a lavorare passata la febbre e ritornare in malattia.

Ad un certo punto sulla catena degli agnelli sarebbero mancate una dozzina di persone, prese di volta in volta dalle altre lavorazioni. E i dispositivi di protezione personale? Siciliani sostiene, come per il rispetto della mancanza di sicurezza, di averli forniti. Secondo quanto siamo venuti a sapere, pare che agli operai del macello e del disosso siano state fornite un paio di mascherine di tessuto all’inizio dell’emergenza. Mascherine lavate e tenute nel congelatore un paio d’ore affinché fossero sterilizzate prima di essere riutilizzate.

Ore e ore di lavoro a stretto contatto con quanti già presentavano i sintomi. Senza contare il via vai dei rappresentanti o degli operai del macello che trasportano gli animali morti nei reparti in cui la carne viene lavorata.

LE MACCHINETTE – E poi i continui assembramenti davanti ai distributori automatici durante le pause (due al giorno 9.30 e l’altra variabile per il pranzo) oppure all’inizio della giornata lavorativa. Due punti ristoro: uno all’ingresso, l’altro a pochi metri dagli spogliatoi del reparto bovini. Decine di persone, anche senza mascherina o con il dispositivo abbassato sotto il naso e il mento, a riscaldarsi con una bevanda calda, avendo trascorso tutto il tempo al freddo di una cella frigorifera.

Venti minuti di riposo per volta e quindi per risparmiare strada e tempo prezioso, tutti ad affollare il punto ristoro del macello. E per tutti gli operai dicono di tutti i reparti. I distributori, poi, sarebbero stati spenti solo venerdì scorso, quando ormai il primo dipendente (che avrebbe un fratello al lavoro nella stessa azienda), era risultato positivo più di un mese prima. Alcuni dipendenti di Siciliani hanno condiviso un post in cui si racconta un’altra verità dei fatti. In questi casi la verità non è mai assoluta, ma è necessario capire come e perché si possa essere arrivati a un numero così alto di contagi se, come viene comunicato, è stato fatto tutto il possibile affinché questo non avvenisse.