La mano trema, l’unica consolazione è che il bambino dovrà stare in casa almeno fino al 3 maggio. Nel frattempo i capelli avranno modo di ricrescere. Effetti collaterali da quarantena: capigliature tali da trasformare poveri figli in primati o punk d’avaguardia.

Il problema vero è che l’aggiusto può essere molto peggio del guasto. Le più coraggiose a quel punto non esitano, rasatura a zero: “Tanto arriva l’estate”. Le terrorista chiamano a casa la parrucchiara di fiducia per il miracolo. Si accetta il rischio del contagio. Sì, perché estetiste e parrucchiere continuano a tagliare di casa in casa. Nella maggior parte delle abitazioni giacciono sui divani o davanti alle consolle teste con frangette a zig zag, ciuffi incontrollabili, bizzarri codini, basette apparentemente tagliate coi denti, tanto da sembrare strappate dal cuoio capelluto.

Le mamme più determinate non demordono, riprovano con la macchinetta, poi impugnano un altro tipo di forbici, nel migliore dei casi ci provano con il pettine: “Che ci vuole fare un taglio, l’ho visto fare milioni di volte”. Capelli asciutti, no meglio bagnati, forse appena appena umidi affinché la lama scivoli meglio.

Il capello si accorcia, con l’errata convinzione di poter rimediare all’errore tagliando e tagliando ancora. Arrivati a un centimetro la disperazione inizia a prendere il sopravvento. Dopo mezzora di tentativi, anche il bambino è più consapevole, si ribella. Persino le mani più ferme iniziano a tremare e cresce il senso di colpa per il modo in cui si è ridotto il proprio figlio. In fondo era solo un taglio qualunque.

In Italia, Paese in cui tutti si sentono un po’ scienziati, Presidenti del Consiglio e allenatori, nessuno può dire di essere parrucchiere o barbiere, se non dopo tanto studio o aver ridotto in modo inguardabile l’acconciatura della propria cavia. Poveri figli, meglio le scimmie.