Francesca Mangiatordi ed Elena Pagliarini

Un giorno sei costretto ad incatenarti per rivendicare una sanità decente e per questo finisci persino sotto procedimento disciplinare; l’altro sei sulla bocca di tutti, simbolo indiscusso della lotta al coronavirus. È la storia di Francesca Mangiatordi, 46 anni di origini altamurane, il medico “scappato” a Cremona dopo la durissima battaglia condotta con il collega del 118, Francesco Papappicco.

I due rivendicavamo una sanità migliore, debilitata da scelte giudicate inopportune e per questo decisero di incatenarsi e marciare al fianco della popolazione della Murgia Barese. La dottoressa Mangiatordi, medico di pronto soccorso con la passione per la fotografia, è l’autore dello scatto all’infermiera sorpresa a riposare con la testa appoggiata sulla scrivania dopo un massacrante turno di notte.

“La vita è davvero strana – spiega il medico  – oggi sono una star, ieri invece lottavo per far capire il valore della sanità pubblica. Non mi aspettavo che la foto diventasse virale, addirittura simbolo della lotta a qualcosa di sconosciuto come il coronavirus”. La scelta del bianco e nero non è stata casuale. “Ho voluto cogliere il momento essenziale – spiega – senza che ci fosse alcuna distrazione. Il momento del riposo e della riflessione dopo i tagli che negli anni hanno ridotto la sanità italiana al punto in cui siamo. La mia era una denuncia: ecco come siamo messi”.

E poi c’è lei, l’infermiera Elena Pagliarini, 43 anni, la guerriera immortalata in un momento di pace alle sei del mattino, dopo un turno senza respiro. “È una grande professionista – racconta la Mangiatordi – in questi giorni di emergenza mi ha molto colpito la sua sensibilità. Ci siamo fatte forza a vicenda per essere sempre pronte a dedicarci ai pazienti, soprattutto nei momenti di difficoltà, quando sei chiamato a prendere scelte molto complicate. Vederla piangere tra la cura di un paziente e l’altro, mi ha commosso e ho voluto ringraziarla con quello scatto, che grazie al quotidiano italiano è diventato di dominio pubblico”.

La speranza è quella che il messaggio sia arrivato forte e chiaro a destinazione, non tanto ai riconoscenti italiani, quanto piuttosto a una classe politica e dirigente che in questi anni spesso non ha saputo garantire a medici e infermieri le migliori condizioni di lavoro.