Tute, mascherine, occhiali, calzari e guanti scarseggiano. Persino negli ospedali non ci sarebbero abbastanza dispositivi di sicurezza stando alle denunce di sindacati e operatori sanitari. Uno dei settori di questa emergenza peggio fornito è il 118, ai quali operatori non sarebbero fornite in modo adeguato neppure le mascherine. E la risposta alle lamentele sarebbe disarmante: se non sta bene non mandate i volontari sul posto. Siamo arrivati, tanto per usare un eufemismo, siamo arrivati al punto di guadagnarsi la mascherina “al tocco”.

Ma è proprio un medico barese del 118 a lanciare un appello a tutti i componenti degli equipaggi del 118. “Sappiamo tutti che i dispositivi di sicurezza in dotazione non sono in numero sufficiente e dal Coordinamento non abbiamo risposte soddisfacenti – dice – ed è proprio per questo motivo che non possiamo permetterci di sprecare le mascherine e tutto il resto”.

Non è un’accusa, comprendiamo lo stress di chi è impegnato a gestire in emergenza una situazione non facile, mentre Governo centrale e Regioni bisticciano sulle competenze in tema di coronavirus. Alcuni dei più esposti al rischio coronavirus e quindi di usare impropriamente i dispositivi di sicurezza sono proprio sanitari e soccorritori in servizio sulle ambulanze del 118. Un delicato ruolo di trincea.

Proviamo a metterci nei panni di medici, infermieri, autisti e soccorritori che tutti i giorni vengono inviati da pazienti con sintomi influenzali, salvo poi scoprire recenti viaggi nelle zone rosse o frequentazioni con persone provenienti dai focolai. Le immagini degli equipaggi bardati di tutto punto ormai si sprecano. Si urla al coronavirus, ma spesso sono falsi allarmi. “In alcuni casi, sanitari e soccorritori si vestono di tutto punto prima ancora di essere giunti sul posto – spiega il medico -. Siamo tutti sotto stress, è evidente. L’altro giorno, giunti su un ipotetico caso di coronavirus, mi sono messo in sicurezza per andare a visitare il paziente mentre l’equipaggio stava all’esterno dell’abitazione. Accertata la mancanza delle condizioni per il trasporto in ospedale, ho raggiunto i colleghi e siamo andati via evitando di impiegare gli altri tre kit in dotazione”.

La questione è tornata d’attualità ieri, quando a Bari si è registrato un doppio falso allarme. Il primo caso si è registrato all’interno della Facoltà di Economia dell’Università di Bari. Il 118 era stato allertato per una studentessa straniera. Il secondo caso è avvenuto sul Lungomare 4 novembre, nel quartiere San Girolamo. Una persona che aveva soggiornato in Piemonte avvertiva sintomi influenzali, ma non c’erano comunque le condizioni per far sospettare a un caso di coronavisrus.

“Sono girate immagini dei due interventi – riferisce il medico – ma se non siamo in presenza di una reale emergenza non si può partire già tutti bardati, generando non solo spreco dei dispositivi di sicurezza, ma anche allarmismo tra i presenti, che spesso ci fotografano e diffondono fake news sui social. Detto chiaramente, poi, dal momento in cui il capo equipaggio accerta il presunto caso di coronavirus a quello in cui anche i colleghi fossero costretti a mettersi in sicurezza passerebbero pochi minuti, un tempo adeguato che non intacca la tempestività dell’intervento”.