“Il contagio del coronavirus si propaga con il 118, sembra assurdo ma è tutto vero. Il fiore all’occhiello del SSR espone gli operatori, e noi tutti, ad un rischio incontrollato e incontrollabile. È gravissimo”. La denuncia sugli scarsi sistemi di sicurezza delle postazioni 118 in caso di contagio è del consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Mario Conca.

“Mancano dispositivi di protezione individuale idonei – scrive Conca – e si rischia di chiudere le postazioni mettendo a repentaglio la funzionalità di interi ospedali e l’incolumità di medici, infermieri, autisti, soccorritori, ausiliari, che diventano vettori inconsapevoli, se asintomatici, per le loro famiglie e la società civile. Questo avviene a Lecce, e anche a Brindisi, ma ho ragione di ritenere che la problematica abbia carattere regionale. Per non parlare dei continui annunci di approvvigionamenti di mascherine FFP3, le uniche sicure contro i virus, che sono introvabili quasi ovunque”.

“Chi dovrà soccorrerci se si fermasse il servizio di emergenza urgenza perché dobbiamo tenere gli equipaggi in quarantena volontaria e obbligatoria per 14/21 giorni? – chiede il consigliere regionale – Infarti, ictus, politraumi, tumori aggressivi, appendiciti acute, fratture di femore da operare entro le 48 ore, parti cesarei, emoraggie, saranno così magnanimi da non verificarsi più nell’attesa che la pandemia venga declassata a influenza di fine stagione?”.

“Ieri sera – scrive Conca – sono stato contattato da operatori del 118 della Asl Lecce che, molto allarmati, mi hanno raccontato che le tute che gli vengono fornite non sono idonee a prevenire il contagio biologico. Tute BC16-356 con grado di protezione 5 e 6 (schizzi e polveri) e non quelle con codice BC26-356 con gradi di protezione 4, 5 e 6 (rischio biologico, schizzi e polveri) che sarebbero idonee. Interpellata la ditta venditrice, che peraltro importa il prodotto dall’estero, quest’ultima ha dichiarato inequivocabilmente e via mail, che quelle tute non sono in grado di tutelare gli operatori del 118 dal Covid19. Soccorritori, già senza tutele assicurative che guadagnano 20/30 euro a nero e a turno, che rischiano di infettarsi, infettare i loro cari, i pronto soccorsi e interi ospedali. Uno stillicidio che farebbe collassare oltremodo il sistema sanitario regionale, altro che tende per il pre-triage come filtro per buttare fumo negli occhi. Questa mattina ho avvertito il DG di Lecce Rollo, il DG Pasqualone della Asl di Brindisi, il Capo Dipartimento della Sanità Vito Montanaro, il presidente/assessore Michele Emiliano e alcuni direttori di centrali operative. Al momento non ho ricevuto nessun riscontro o rassicurazione. Ho verificato personalmente la documentazione e la scheda tecnica e, purtroppo, come ha cristallizzato la ditta fornitrice, non ci sono scorte perché importate e quelle in uso non sono assolutamente idonee. Non sono per nulla tranquillo ed è mio dovere informare tutti”.

“Il COVID19 – sottolinea – è un virus che contamina gli indumenti: tute non adeguate che permettono la contaminazione degli indumenti sottostanti alle tute protettive possono far diventare gli operatori sanitari che svolgono il servizio di soccorso dei veri e propri vettori della malattia, perche terminato un evento su un caso sospetto o conclamato di COVID19, si torna in strada a prestare servizio a malati di ogni tipo e non è ammissibile che tale rischio possa palesarsi”.

“La soluzione provvisoria adottata a Lecce -continua -, ad esempio, in attesa di dispositivi idonei, è stata quella di consigliare di indossare camici chirurgici dotati di prevenzione da rischio biologico sopra le tute sprovviste di categoria 4, tenendo sempre in considerazione che i camici non danno protezione integrale, in quanto sprovvisti di cappuccio con lunghezza fino al ginocchio. Si diventa, così, potenziali untori, tipo ciò che è successo sabato a Copertino, dove si è registrato un focolaio importante di COVID19 e dove sono sprovvisti di protezione per contaminazione biologica”.

“Bisogna assolutamente ricercare su territorio nazionale aziende in grado di fornire dispositivi a norma, altrimenti – sottolinea – è assolutamente inutile chiudere attività commerciali, peraltro quasi tutte aperte, piuttosto che continuare ad allestire intensive e sub-intensive per pazienti intubati e NIV (pazienti con ventilazione non invasiva) all’interno di strutture ospedaliere. Già il virus gira a piede libero su bus e treni che continuano a muoversi su e giù per il tacco e lo stivale, ma davvero ci dobbiamo barricare nelle case sperando che non arrivi l’ambulanza a sirene spiegate?”.

“Avevo proposto allestire ospedali da campo ABC all’interno dello stadio della Vittoria, ma qui vedo che si continua ad accentrare tutto al Miulli, dove ieri si è dovuto chiudere per qualche ora il pronto soccorso per sanificarlo, portando letti, respiratori dallo Jaia di Conversano e risorse umane in comando dalle strutture pubbliche che stanno chiudendo. Si è deciso, infatti, di dismettere il reparto infettivi del Fallacara di Triggiano anziché potenziarlo, che oggi assicurava malattie non in fase acuta, ma che poteva sicuramente mettere in sicurezza il Policlinico di Bari alleviando il lavoro delle Equipe di Angarano e De Luca che sono in affanno. Poco fa – aggiunge Conca – mi hanno pure informato che vogliono addirittura trasformare l’intero Asclepios, che oggi assolve a tutte le altre gravi emergenze che continueranno a verificarsi, purtroppo, dedicandolo interamente ai pazienti Covid19. Ma perché vi ostinate a tenere il contagio all’interno dei nosocomi? Perché non potenziare le piante organiche esistenti precettando il personale, rianimatori in primis, dai PTA che hanno dimesso elezioni in day e week surgery? Perché non allestire altrove per non ingolfare tutto? Perché non spostare dieci rianimatori al PTA di Gravina per dar manforte e continuare a fare elezione oncologica e ortopedica non procrastinabile?”.

“Avete dismesso i servizi ambulatoriali – continua – ma c’è tanto personale che non sa cosa fare, demotivato, non formato e impaurito. Portatelo dove serve, subito. Anche a Gravina, la mia città, poche ore fa è stato diagnosticato il primo paziente, intubato e centralizzato in una struttura adeguata, ma io temo molto di più i tanti positivi asintomatici, quelli sì invisibili, impossibili da contenere e potenzialmente contagiosi”.

“Qui si sta navigando a vista – conclude Conca – e la gente continua ad essere rimpallata dal 118 al 112 e dal medico di famiglia al numero verde, una carambola pericolosa che fa male alla salute e mina alle fondamenta la tranquillità di tutti noi, ancor di più perché esacerbata dalla viralità della rete e dall’ipocondria endemica”.