Non combattiamo gli abusivi in sé e la loro necessità di sbarcare il lunario “perché ognuno ha famiglia”, ma le diverse interpretazioni che vengono fornite della legge e della sbandierata tolleranza (quasi) zero. I frequentatori del Molo San Nicola, N’ dèrre a la lanze per intenderci, avranno visto almeno una volta Dino.

Lo storico pescatore barese ha una regolare licenza di pesca e quindi vende senza problemi il suo pescato anche su una bancarella al mercato di Santa Scolastica. Cozze stratosferiche, per carità, ma per ammissione dello stesso Dino prese dal figlio nelle acque del lungomare di Bari e “depurate a mano” col metodo Capuozzo: nella retina.

Le cozze piene come le uova, che il simpaticissimo Dino vende a 2 euro al chilo (1,50 euro agli amici), non sono molto diverse da quelle dell’abusivo Vitino, da quelle sequestrate dalla Guardia Costiera qualche giorno fa, da quelle del pescatore e venditore abusivo Peppino, da quelle mangiate dal turista sud coreano N’ dèrre a la lanze, ma sono certamente diverse dalle cozze della pescheria Lorusso, tanto per fare il nome di una delle “regolari” pescherie presenti a Bari.

La cozza di Dino e tutte quelle della stessa provenienza, bianche bianche e chiene chiene (piena piena), si mangia sulla fiducia, sperando che il limone neutralizzi virus e batteri che possono proliferare a causa dei mancati trattamenti indispensabili per la vendita del mitile, in questo caso ignoto.

Qualcuno dirà che prima dell’introduzione dell’attuale normativa non c’era tutta questa attenzione alle condizioni igienico-sanitarie. Le leggi, però, adesso ci sono e dovrebbero essere rispettate. Per la cronaca: abbiamo mangiato anche noi la cozza piena come l’uovo del simpaticissimo Dino. Non abbiamo avuto problemi. Buon appetito a tutti, qualunque siano le cozze che decidiate di mangiare.