Un utente paga la cartella esattoriale intestata a suo nome col bancomat avuto in prestito da un familiare, tra l’altro una donna, ma per l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non è un problema. Tutto regolare come previsto dalla norma. L’importo da pagare era di poco superiore ai 500 euro.

L’impiegato ha preso la tessera, intestata a una donna, e senza batter ciglio ha fatto l’operazione. Il mancato controllo sulla corrispondenza delle generalità al momento del pagamento è una prassi, ma dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione ci si aspetterebbe un maggiore rigore, dimostrato senza motivo nei confronti dell’utente dello sportello accanto. .

L’altro utente era andato a chiedere l’estratto di ruolo per conto della suocera ultra novantenne, non vedente e allettata, che vive con lui nella stessa abitazione. Purtroppo aveva sbagliato a compilare la delega, intestandola a se stesso e non all’anziana, avendo comunque con sé il documento di identità in originale dell’anziana, su cui campeggia la scritta: “Impossibilitata a firmare”. Non c’è stato verso di spiegare il disguido e avere notizie sui contenuti della cartella.

“Non possiamo fornire simili informazioni – ha riferito l’impiegato -, questione di privacy”. Comprendiamo perfettamente. Quando si tratta di incassare, si sa, i soldi non puzzano. Ci sarebbe tuttavia bisogno di un minimo di flessibilità, quando è possibile, per andare incontro all’utente. Alla faccia del bicarbonato di sodio, mai come in questo caso necessario per digerire la disparità di trattamento.

Quasi dimenticavo di raccontarvi il paradosso della storia, perché c’è sempre una morale. L’uomo che ha pagato la sua cartella col bancomat della familiare, è tornato allo sportello per conto del genero dell’ultra novantenne, sperando di avere informazioni sull’accertamento. Mostrato il documento di identità della donna, l’impiegato ha mostrato un po’ di perplessità per via della dicitura: “Impossibilitata a firmare”. Con maggiore flessibilità rispetto al collega, l’operatore ha fatto mettere la firma del delegato nello spazio riservato a quella del delegante, ovvero la donna allettata.

Due pesi e almeno sei misure. Non si sarebbe potuto risolvere il disguido nello stesso modo diversi giorni fa? Invece di fornire le informazioni riservate a un estraneo, non sarebbe stato meglio dare l’estratto di ruolo della nonna al genero, che con lei divide l’abitazione? Non chiamatela privacy. Ai più curiosi possiamo dire che l’accertamento nei confronti di una donna allettata riguarda errori in due dichiarazioni degli ultimi sei anni. Non ci sembra di avervi fornito notizie sensibili, o no? Tema ostico quello della privacy, in cui l’uomo spesso travalica la burocrazia.