Non tutti sanno che in Italia c’è un’emergenza api. Le api muoiono per l’inquinamento dell’ambiente da pesticidi e per la mutazione genetica della quale l’uomo è l’unico responsabile.

L’apis mellifera ligustica (o ape italiana) descritta all’inizio del 1800 dal naturalista Massimiliano Spinola, è riconosciuta come la migliore ape esistente nel mondo. A distanza di 200 anni – da quella identificazione tassonomica – la nostra ape si è diffusa in tutto il mondo perché meno aggressiva, più produttiva e più robusta: è una specie sopravvissuta all’ultima glaciazione perciò capace di resistere ai cambiamenti climatici e alla difficoltà di reperimento di cibo.

Oggi, di ritorno dal mondo, si presenta aggressiva, meno produttiva, più sensibile alle malattie sostenute da parassiti (varroa) o da virus (fonte Contessi 208). Perché? “Le sottospecie di apis mellifera, ossia la Ligustica e la Sicula (necessarie per la biodiversità), api autoctone del territorio italiano – spiega Marilia Tantillo, accademica ordinario di ‘Sicurezza degli alimenti’ all’Università di Bari/Dipartimento Interdisciplinare di Medicina – sono minacciate da ibridi dal variegato patrimonio genetico molto differente da quello originario, ossia api modificate per l’esclusivo ritorno commerciale”.

“Ciò che ha indotto inizialmente gli apicoltori ad acquistare ibridi di apis mellifera – continua la professoressa – è stata la convinzione dell’incremento produttivo, che tuttavia è risultato limitato al primo anno di attività della famiglia. Inoltre, le famiglie di api ibride spesso necessitano di nutrizione zuccherina integrativa, allo scopo – per esempio – di aumentare le scorte invernali e sostenere così la vitalità della famiglia (api che con il tempo diventano poco produttive). Data una maggiore sensibilità della famiglia alla varroasi, non mi convince il ritorno economicamente vantaggioso con l’acquisto degli ibridi. Ritengo tuttavia che il danno maggiore sia rappresentato dalla dispersione del patrimonio genetico dell’apis mellifera ligustica, eccellenza italiana”.

“In Italia – aggiunge -, unico caso in Europa, sono presenti ben quattro sottospecie differenti di api. Sono sottospecie di api che vanno assolutamente tutelate perché fondamentali per evitare di disperdere la nostra biodiversità. A tal proposito, il Parlamento europeo nel 2018 ha approvato una Risoluzione sulle prospettive e le sfide per il settore dell’apicoltura della UE che al punto 31 ‘invita gli Stati membri e le Regioni a proteggere con ogni mezzo le specie locali e regionali di api mellifere dall’espansione indesiderata di specie esotiche naturalizzate o invasive che hanno un impatto diretto o indiretto sugli impollinatori”.

“È storia recentissima – continua – che un gruppo di apicoltori trentini spinto dalla necessità di limitare il deterioramento genetico delle popolazioni locali di apis mellifera abbia redatto un documento, la Carta di San Michele all’Adige, la quale fa appello alla tutela perché ‘le sue peculiarità la rendono un organismo chiave per la conservazione della diversità biologica e dell’equilibrio dell’ecosistema ambientale’ e precisa che ‘l’ape non dev’essere considerata un animale domestico, ma componente fondamentale della fauna selvatica’”.

A conclusione del recente convegno ‘Le nostre Api’ svoltosi nel Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari, al quale hanno partecipato numerosi apicoltori pugliesi, si è stabilito di sottoscrivere un documento da inviare all’assessorato regionale all’Agricoltura affinché si intervenga con norme stringenti per vietare la produzione di ibridi di api per la commercializzazione, revisionare la legge regionale 45/2014 artt.12/14 che fissa i ‘Livelli di protezione della biodiversità dell’Apis mellifera ligustica sul territorio regionale’, stabilire la zona di rispetto intorno agli allevamenti di api regine italiane e intorno agli apiari che utilizzano la sottospecie ligustica, in modo da evitare che possa esserci anche una ibridizzazione selvaggia con perdita della biodiversità.

“Sappiamo – conclude – che altre Regioni, come l’Emilia Romagna, hanno già accolto le istanze degli apicoltori che vogliono salvare l’ape italiana, tenendo nella debita considerazione anche quanto richiesto dall’UE, Parlamento europeo (2018) che ha approvato una Risoluzione sulle prospettive e le sfide per il settore dell’apicoltura”.