Il bancone appena dopo il corridoio è come quello delle reception degli hotel. Un infermiere si occupa dell’accoglienza dei pazienti, decidendo con “l’occhio clinico” se si tratta di un codice verde o giallo. I rossi, invece, non passano dall’accettazione.

Nella sala d’attesa ci sono fotografie di ulivi e trulli oltre a messaggi di benvenuto e due grossi monitor. Il primo è un televisore, sull’altro vanno in onda i tempi di attesa e le prestazioni in corso, non solo del Policlinico, ma di tutti gli altri ospedali della città. C’è un “bar a gettoni” con sedie e tavolini.

Il concetto promosso da Vito Procacci, primario del pronto soccorso, è quello dell’abbattimento delle barriere e dei vetri anti sfondamento, a suo dire causa dell’atteggiamento ostile e delle aggressioni. La struttura è ancora alle prese coi lavori in corso, ma è operativa.

Il primario ci accoglie per mostrare direttamente tutti i cambiamenti. “Una rivoluzione copernicana”, così la definisce Procacci, seppure non tutto il personale è dalla sua parte. In tanti storcono il naso tra medici, infermieri e operatori socio sanitari. I pazienti, invece,  non sempre capiscono la differenza tra attesa attiva e passiva. “Mio marito è in attesa delle analisi da tre ore ormai”, lamenta una donna.

La speranza, con la nuova organizzazione e l’assunzione di nuovo personale, è che si possano abbattere impazienza e intolleranze. Binario rosa, tempi di sbarellamento del 118, parcheggio delle ambulanze e livelli di sicurezza sono alcuni degli altri temi affrontati nella lunga intervista al primario.