La storia della Cassa Prestanza dei dipendenti del Comune di Bari sembra ormai la trama di un film giallo. Dove sono finiti i soldi? Perché fino a due anni fa non c’era alcun problema? È in atto un’operazione di smantellamento? Perché nonostante la circolare del presidente Pierluigi Introna, sono stati sospesi i pagamenti previsti in 3 tranche? Perché si vuole far credere si tratti di un’associazione, per di più non riconosciuta?

La Cassa Prestanza – tanto per la precisione – è per il 90 per cento un accumulo di soldi versati dai dipendenti comunali, come si legge dalle carte, gestita in tutto e per tutto dall’Amministrazione comunale. Al termine del periodo lavorativo, come si legge nello statuto, il lavoratore riprende la cifra versata e anche quella maturata. Il condizionale in questo caso è d’obbligo perché molti degli ultimi pensionati non hanno visto un euro, nonostante sarebbero stati disposti a cedere fino al 10 per centro di quanto dovuto per alimentare la Cassa e quindi le speranze di chi ancora dipende dal Comune di Bari.

Nell’ultimo Consiglio Comunale i pensionati rimasti al palo protestarono girandosi di spalle proprio mentre si discuteva della questione. In quel Consiglio dell’11 dicembre scorso è stato deciso di rispettare lo statuto della cassa (articoli 3 e 6). Di fatto non è stata ratificata la decisione del blocco della trattenuta e della liquidazione del premio di buonuscita ai pensionati/cessati, da molti giudicata illegittima.

In tanti negli ultimi anni hanno dichiarato tutto e il contrario di tutto, rimangiandosi anche ciò che si può leggere su numerosi documenti, gli stessi che un gruppo di pensionati ci ha portato in redazione.

“Vogliamo i nostri soldi – dicono a gran voce – è un nostro diritto”. Per la prima volta nella storia della Cassa, nata nel 1924, gli iscritti hanno potuto avere un estratto conto. È quello del 30 settembre 2018. Ci Sono poco più di 3 milioni di euro e si può notare come siano anche stati spesi soldi in parcelle legali. A che titolo? “Sarebbero dovuti esserci molti più soldi, calcolando che ci sono ancora 1.300 dipendenti – tuonano gli ex dipendenti – dove sono finiti?”. Non possono saperlo perché non gli è consentito l’accesso agli atti, dicono. Le loro domande, singole e di gruppo, sarebbero rimaste senza risposte. Qualcuno deve fare chiarezza, così aumenta il fronte di chi vuole denunciare tutto alla Procura, anche per respingere le offese di cui sono stati vittima in questi giorni. “Siete sanguisughe”, c’è scritto su una foto che gira su whatsapp.

“Vogliamo solo che la verità venga a galla – tuonano – siamo stati traditi da chi ci ha sempre detto di essere trasparenti e responsabili. A dirla tutta, poi, c’è stato un periodo in cui siamo stati obbligati ad iscriverci alla Cassa, senza possibilità di scegliere altre formule di accantonamento. Facendo due calcoli avremmo evitato la Cassa a vantaggio di altri fondi più convenienti”.