“L’assenza di un progetto edilizio paradossalmente non avrebbe mai consentito di rinvenire il sito neolitico. Quindi è motivo di rammarico verificare che un’azione di tutela e di conoscenza, che senza l’intervento della Soprintendenza non sarebbe mai stato individuato o che avrebbe potuto davvero essere distrutto, viene pesantemente messo in discussione con ragioni, e metodi, incompatibili con qualsiasi desiderio di civile e soprattutto costruttivo confronto”. Sono queste le parole di Luigi La Rocca,  Soprintendente per i Beni Archeologici della Puglia, di cui abbiamo raccolto il parere tecnico in merito alla controversia che si sta abbattendo sul sito neolitico di Palese.

La Rocca ha poi espresso una dettagliata descrizione del villaggio e dei lavori archeologici effettuati. “Come è stato riferito in più occasioni il sito di Palese, che non sarebbe mai stato individuato senza l’intervento della Soprintendenza, preventivo rispetto alla realizzazione di un progetto di abitazioni in un’area di proprietà privata, ricadente in una zona non interessata da alcun tipo di vincolo per la tutela dei beni culturali e del Paesaggio, è stato oggetto di scavi archeologici stratigrafici per oltre due anni, dal 2012-2014”.

“L’esecuzione degli scavi diretti dalla Soprintendenza – prosegue – è stata affidata ad archeologi professionisti di elevata professionalità ed esperti in preistoria affiancati da specialisti in discipline bioarcheologiche e paleoantropologiche per lo studio dei reperti organici. Lo scavo archeologico è azione di per sé distruttiva dal momento che si attua attraverso l’asportazione manuale e analiticamente documentata, dei livelli archeologici, da quelli più recenti a quelli più antichi, e ovviamente dei reperti mobili. Data la natura dei rinvenimenti si è deciso di scavare, a mano e senza l’ausilio di alcun mezzo meccanico, l’intera sequenza stratigrafica fino al raggiungimento del terreno vergine, ossia alla bancata calcarenitica naturale. Tali operazioni hanno consentito importanti acquisizioni di natura scientifica e di conoscenza e hanno fatto sì che, a conclusione degli scavi, l’area potesse considerarsi libera da presenze e quindi da vincoli di natura archeologica”.

Non si è ritenuta dunque possibile una musealizzazione in situ che avrebbe, a detta di La Rocca, reso necessari interventi di restauro particolarmente e inutilmente invasivi. Scelta a cui si è giunti “alla luce della tipologia e della consistenza delle evidenze strutturali, estremamente precarie essendo realizzate in terra, argilla e pietre prive di leganti, e del fatto che il giacimento fosse fortemente compromesso nel suo stato di conservazione”.

“Si è trattato di una approfondita attività di archeologia preventiva, secondo una prassi adottata in tutta Europa e che consente anche in caso di rinvenimenti la realizzazione di progetti di interesse pubblico ma anche privato. La ricchissima documentazione realizzata dagli archeologi, il fatto di avere potuto recuperare i reperti mobili e le conoscenze derivate dagli studi e dalle analisi in corso, consentono, d’altra parte innumerevoli possibilità di comunicazione e diffusione delle conoscenze, che è la vera valorizzazione di quanto rinvenuto e su cui si è già al lavoro per la redazione di progetti che possano essere concretamente attuati”.

Infine, per sottolineare la bontà della tecnica dottata coerente con le metodologie di ricerca e i rifermenti tecnico-scientifici applicati dovunque, il Direttore La Rocca ha citato  un passaggio di Andrea Carandini, archeologo di fama mondiale e ora presidente del FAI che, a suo dire, bene può adattarsi a quanto è stato fatto a Palese: “Nello scavo della  pendice settentrionale del Palatino a Roma siamo riusciti a risalire senza troppe difficoltà all’VIII secolo a. C. e al suolo vergine di quel monte per il povero stato di conservazione degli edifici più tardi e della loro decorazione, dovuto all’incendio neroniano e alle escavazioni di epoca moderna. In queste condizioni, privilegiate dal punto di vista della stratigrafia e disgraziate da quello del restauro, è stato facile asportare qualche battuto, fogna e muro, oltre i soliti strati terrosi, per arrivare a leggere anche il primo capitolo di quel sito”.