“Un’aggressione premeditata” e una “falsa ricostruzione dei fatti”. Vengono definiti così da CasaPound gli scontri avvenuto lo scorso 21 settembre dopo il corteo anti-Salvini nel quartiere Libertà. A quasi una settimana dal caso che continua a far discutere, CasaPound ha pubblicato la sua versione dei fatti in un lungo post su Facebook.

La versione di Casapound

A sei giorni di distanza dall’aggressione premeditata ai danni della sede di CasaPound Bari, continuano le manifestazioni del movimento Mai con Salvini, atte ad accreditare la falsa ricostruzione dei fatti diffusa dall’euro parlamentare Eleonora Forenza e avallata dai media mainstream.

Esistono dati oggettivi che non solo smentiscono le accuse dei movimenti antagonisti ma, al contrario, dimostrano in che contesto si sono svolti i fatti e accendono un faro sulla premeditazione dell’aggressione. Occorre fare un passo indietro, al 13 settembre scorso, giorno in cui il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, si reca presso la sede del comitato di quartiere “Riprendiamoci il Futuro” per ritirare la petizione popolare in merito alle tante problematiche del quartiere, sede situata a poca distanza dalla sezione di Cpi.

Successivamente il Ministro si recava presso il quartiere fieristico per la visita istituzionale dei padiglioni. I gruppi antifascisti del capoluogo si mobilitano per contestare il vice presidente del Consiglio, organizzano un presidio non autorizzato e sono bloccati da alcuni agenti della questura. Da questo momento, proprio dalla pagina Mai con Salvini – Bari, inizia una diretta Facebook.

Nel corso del video evidenziamo due momenti salienti: nel primo un funzionario di polizia si assicura che la manifestazione non sfoci in via Eritrea, adducendo evidenti sospetti riguardo alle reali intenzioni dei manifestanti. Nel secondo, del quale evidenziamo due fotogrammi, l’autrice del video chiede a un compagno da quale direzione si acceda in via Eritrea, subito dopo inquadra la strada e aggiunge “si va da qui”.

Le intenzioni di sfruttare la visita di Salvini per assaltare la sede di CasaPound sono evidenti e, purtroppo, solo rimandate. Le sigle riunite dietro al movimento annunciano immediatamente una manifestazione per venerdì 21 settembre, da tenersi sempre nel rione Libertà. Al termine del corteo, giunto in piazza del Redentore, un nutrito gruppo si immette su corso Italia, altri avanzano su via Scipione Crisanzio.

Una manovra a tenaglia che vede sfociare l’attacco verso la sezione di CasaPound dall’angolo tra via Crisanzio e via Eritrea, nell’unico punto non presidiato dalle forze dell’ordine, poste all’angolo opposto della strada. Proprio in quel momento il referente provinciale di CasaPound, Giuseppe Alberga,congiuntamente ad altri militanti, era intento a parlare con la deputata barese della Lega, l’avvocato Anna Rita Tateo, giunta già da qualche minuto prima in via Eritrea con il marito e andati via repentinamente a causa dell’arrivo dei manifestanti anti-Salvini.

Dei passeggini e delle mamme in fuga non c’è traccia, così come di armi bianche, bastoni e tirapugni che i militanti di Cpi avrebbero usato, secondo quanto riferito dalla Forenza, non nuova a situazioni di questo tipo, anzi, già arrestata in Germania per aver partecipato a scontri tra antifascisti e polizia tedesca.

Carabinieri e polizia hanno provveduto a un immediato sopralluogo per cercare eventuali oggetti contundenti, tanto per strada quanto nella sede di Cpi. Entrambe le perquisizioni hanno dato esito negativo, come riportato dai verbali, così come non sono state rilevate ferite, macchie di sangue proprie o di terze persone, su nessuno dei militanti presenti e identificati. Nessun indizio, dunque, che possa avallare quanto sostenuto dagli aggressori.

Evidente, al contrario, il fatto che fossero i manifestanti ad avere con loro aste di bandiera, megafoni, caschi e grosse catene, ben evidenti nelle foto del corteo e nel video del Corriere del Mezzogiorno, così come sono evidenti le scritte minacciose sui pilastri di corso Italia, stessa vernice e stessa grafia delle scritte apparse sui cellulari della polizia.