È abbastanza semplice la vita dietro la scrivania di una redazione, lo è ancora di più se il giornale è importante e letto in tutta Italia. Fai le tue ore, scrivi i tuoi pezzi con coscienza e vivi tranquillo. Ma Luigi Garlando è diverso: preferisce girare, muoversi, incontrare, scoprire, pensare, inventare e poi scrivere; è un vero malato di scrittura.

E poi è esigente Luigi Garlando, soprattutto quando si siede davanti al computer cercando non le parole giuste ma quelle appropriate alle sue storie. Lui che per vivere è un giornalista presso “La gazzetta dello sport” ma per passione si dedica ai libri per bambini, raccontando quando storie di calcio (53 libri della serie “Gol!”) quando temi che invitano a riflettere, perché crede che non esistano argomenti per adulti o bambini, ma esistano modi differenti di affrontarli.

E dalla sua stampante delle volte escono storie di guerra e poi la vita di Napoleone oppure le imprese del Che Guevara; il Papa che fugge dal Vaticano per aiutare un bambino pieno di ansie oppure il maestro di judo Maddaloni che combatte la delinquenza del quartiere Scampia di Napoli con la severità delle regole marziali.

Ma, a furor dei docenti e delle scolaresche, il libro più apprezzato risulta essere “Per questo mi chiamo Giovanni” (2004, Fabbri Editore) dove un padre racconta al figlio la vita del magistrato Giovanni Falcone e la schifezza della mafia. Un quadro, quello del padre che racconta al figlio, che lui adora perché evoca quella genuinità famigliare di una volta a cui lui stesso è stato abituato.

Lo incontriamo all’Istituto Massari-Galilei di Bari: è l’ultima tappa di una serie di incontri organizzati nell’ambito della rassegna “Il libro possibile winter”; prima ha fatto tappa a Capurso alla Montalici ed alla Venisti. A Cellamare al Ronchi. A Gioia del Colle al Carano. A Carbonara al De Marinis. E sempre a Bari alla Carducci.

“Falcone non è stato un eroe unico” ci dice Luigi qualche momento prima di incontrare gli studenti, con lo sguardo di chi è abituato a cogliere ogni particolare gli si pari davanti “è bello pensare che quello che ha fatto, le sue rinunce ad una vita normale e felice, le sue intuizioni, le sue indagini ed i suoi metodi, siano stati l’inizio di un percorso di cui oggi vediamo finalmente i frutti”.

Ma per far capire meglio il concetto agli studenti, si lancia in un paragone divertente che però i ragazzi capiscono subito: “Prima la mafia era come King Kong che doveva mettere paura facendo la voce grossa. Oggi è un mostro di Lochness: silenzioso e nascosto e per questo ancora più pericoloso”.

Ma questo mostro, gli studenti sembrano volerlo affrontare a testa alta. Ad esempio proprio alla Massari-Galilei a Gennaio si è ospitato l’evento di apertura della mostra “Dal crimine organizzato alla pittura: l’arte distrugge le mafie”, con relatori del calibro di Aaron Pettinari giornalista di Antimafia 2000, Nicola Petruzzelli direttore del carcere minorile e Valeria Pirè, direttore della casa circondariale di Bari. Gli alunni della primaria e della secondaria sono coinvolti in due percorsi sulla legalità organizzati dal Comune di Bari e stanno lavorando sul progetto Radio Kreattiva che li educa all’antimafia sociale.

Lui a questi incontri ci crede perché è cosciente che i bambini potrebbero non capire da quale parte bisogna stare, magari osannando il delinquente mostrato in TV che con poco diventa ricco, potente e rispettato.

E portando ad esempio il bullismo, ricorda ai bambini che esiste il diritto alla paura se poi è seguito al dovere della scelta: come il papà spiega in maniera teatrale al piccolo Giovanni chi era Falcone, lui spiega agli studenti quanto vigliacchi sono i mafiosi.

Ma non sale in cattedra, piuttosto preferisce essere tempestato di domande a cui risponde in maniera completa, magari con un pizzico di ironia ma sempre sincero, stando in mezzo agli studenti ed aprendo con loro un dialogo.

“Falcone è morto con l’amarezza di chi ha scoperto che la mafia era dentro quell’abitazione sicura chiamata Stato, che lui serviva lealmente” dice rispondendo ad una domanda “ma ancora oggi quello che ha fatto è preso a modello, tanto è vero che nell’ufficio dell’FBI c’è una sua statua”.

Due ore di incontro su un tema importante, con tante belle parole che hanno rapito l’attenzione soprattutto di chi in quell’auditorium doveva starci per forza, perché aveva partecipato al progetto sulla legalità e magari preferiva correre in cortile a giocare a pallone.

Ed è bello sapere che ancora oggi la penna ha più potere della spada perché quella di Luigi, nella sua bontà, è in grado di provocare quei danni che sicuramente tutti i docenti vorrebbero vedere.