Solo ieri l’ultimo caso di violenza gratuita e ingiustificata, una ragazzina che ha pestato di botte un anziano, colpevole di averla rimproverata per aver gettato a terra una carta. Il Libertà non si stanca mai di dare da scrivere ai cronisti. Un quartiere difficile, sotto molti punti di vista ma che, purtroppo, al contrario di altre zone della città, deve accontentarsi dei proclami strombazzati dall’amministrazione comunale e poco altro.

“Ho messo a disposizione il salone della chiesa affinché venisse presentato il progetto per l’ex gasometro, si sono presentati l’ingegnere che ha stilato il progetto e la presidente del Municipio. Non è venuto il sindaco, né un assessore o consigliere comunale, tra l’altro dicendo anche delle fesserie, che quella sera c’era il Consiglio Comunale, che invece non era previsto. Abbiamo saputo dopo che Decaro non era proprio a Bari”. Don Carlo, il parroco della chiesa San Carlo Borromeo da 23 anni, quello che ha da dire non se lo tiene certo per sé.

Un paio di mesi fa ha scritto al sindaco, chiedendo più controlli e maggiore attenzione da parte dell istituzioni, ma quella è rimasta lettera morta: “Ho incontrato diversi consiglieri che mi hanno assicurato maggiore presenza, ma non si è fatto niente”.

“Una parte delle famiglie nel quartiere – racconta don Carlo – vive il problema della emarginazione, della povertà, della mancanza di lavoro, molti capofamiglia sono in carcere. Ogni hanno il magistrato deve emanare dei permessi per farli partecipare alla messa per la prima comunione, solo quest’anno ne sono già serviti una ventina. Poi succede però che alla fine delle celebrazioni ci sono i fuochi d’artificio, le limousine, le carrozze”.

“Il sindaco mi aveva promesso un incontro con la popolazione del Libertà, perché la gente ha bisogno di parlare, di denunciare, di dire quante cose negative ci sono nel quartiere, che è in uno stato di abbandono. Abbiamo anche raccolto delle firme perché il Palazzo di Giustizia non fosse costruito altrove, facciamo tante cose, cerchiamo di essere uniti, la gente ha bisogno di liberarsi da questa situazione di degrado”.

“C’è una sorta di rassegnazione – continua il racconto del parroco che è un vero e proprio fiume in piena – tanta gente non denuncia nemmeno più i crimini, c’è la convinzione che non serva a niente. Quasi la maggior parte degli appartamenti di corso Mazzini sono stati vistati dai ladri. La gente ha paura anche di camminare per strada o di rimanere in casa”.

Tante le situazioni denunciate da don Marco nel suo lungo e dettagliato racconto, il quartiere vive un momento complesso e articolato, anche complesso da analizzare se vogliamo, ma di certo quell’appuntamento più volte chiesto con l’amministrazione non è più rimandabile: “Ora siamo nel pieno delle vacanze, magari a settembre il sindaco mi viene a trovare e concordiamo in incontro nel salone della chiesa, dove anni addietro sono venuti Emiliano, Di Cagno Abbrescia, anche sindaci precedenti, per ascoltare le esigenze della gente, le difficoltà di chi vive in quartiere che si sente abbandonato. Il 70% delle famiglie che vive qui sono di operai, impiegati, persone tranquille. Le cose si fanno sempre in altri quartieri, qui non si vede mai niente”.