Il dirigente scolastico della Don Bosco, Giuseppe Capozza.

Negli ultimi giorni la scuola Don Bosco del quartiere Libertà di Bari è tornata a essere nell’occhio del ciclone, dopo gli episodi della scorsa primavera, quando nell’arco di pochi giorni una mamma aggredì verbalmente e fisicamente una maestra per presunti maltrattamento sui bambini e un bimbo fu trovato in possesso di una pistola. Martedì scorso, infatti, una genitrice ha picchiato un’educatrice, rea di aver tolto la merendina al figlio disabile, mangiandola per punizione.

Dopo essere intervenuto sugli episodi di marzo e aprile, il dirigente scolastico Giuseppe Capozza ha voluto fare un punto sulle turbolenze che stanno interessando l’istituto, chiarendo alcuni aspetti dell’ultimo evento. Il preside, in passato in carica in istituti di altre zone a rischio di Bari, ha risposto così anche ad alcune mamme che attribuiscono anche a lui le responsabilità del decadimento della scuola.

LA LETTERA DEL DIRIGENTE SCOLASTICO DELLA DON BOSCO GIUSEPPE CAPOZZA In riferimento all’articolo del 15 novembre vorrei precisare quanto segue. Se veramente avessi voluto minimizzare o addirittura nascondere quanto succede a scuola, non avrei concesso l’intervista! Se taccio qualcosa è perché sono in corso accertamenti ed è vietato rivelare notizie “in itinere” (come nel caso del ceffone dato da una mia docente ad un alunno). Anzi, colgo l’occasione su richiesta della famiglia, di rendere pubblici due particolari: a) l’alunno è un disabile grave; b) messi a confronto, famiglia ed educatrice hanno avuto modo di chiarire i motivi e la dinamica di quanto accaduto (visto che il dialogo serve ancora a qualcosa?). Una precisazione: l’educatrice ha mangiato sì una merendina, ma dopo essersi assicurata che nello zainetto ci fossero un succo di frutta e i grissini, per non far rimanere il bambino a digiuno. L’atto può essere discutibile, ma da questo a far passare l’educatrice come una insensibile criminale meritevole di accompagnamento al pronto soccorso mi sembra un po’ eccessivo… E comunque lo lascerei alla meditazione della signorina e al giudizio dei responsabili della cooperativa. L’educatrice, peraltro, non è un’insegnante della scuola ma è stata assunta da una cooperativa che ha vinto un bando comunale. Chi giudica la mediazione e il dialogo come pratiche di dubbia efficacia e pertinenza, poi, con quali altre, risolutive e definitive, le sostituirebbe? Io conosco e applico solo quelli, sui quali mi sono formato; però sono aperto ad ulteriori aggiornamenti purché non riguardino pratiche contrarie all’etica professionale. Per quanto riguarda l’episodio della pistola, poi, essa era una scacciacani con la canna otturata (dunque, non poteva sparare); l’alunno è ospite di una comunità e, a qual che mi dicono, studia ed è sereno. A volte la frenesia della notizia accentua soltanto i particolari più scabrosi perché sono quelli che colpiscono di più l’immaginario della gente… Per esempio, si parla poco dell’educatrice malmenata e molto della merendina sottratta. Sono nella scuola da 33 anni, circa 20 dei quali in scuole situate in zona a rischio: non sono uno sprovveduto, forse… un sorpassato?

Giuseppe Capozza, dirigente scolastico della scuola Don Bosco