Sigilli alla spiaggia di Torre Quetta per due giorni, un migliaio di euro di incasso sfumato, e tutto si risolve con il pagamento di 32,12 euro da parte della Splendor, cooperativa che gestisce il lido. La Società non sapeva di dover pagare questa cifra, né tantomeno qualcuno l’aveva avvertita di doverlo fare.

A spiegarci la situazione è Paolo Bellino, legale rappresentante della Splendor. Gli accordi della concessione stabiliscono che gli ombrelloni non possono essere fissi, ma affittati e piantati di volta in volta e comunque rimossi a fine giornata. Tuttavia la conformazione del suolo di Torre Quetta è particolare. Sotto 30 centimetri di ghiaietto si trova un cappotto di amianto, per cui non è possibile fissare in maniera temporanea alcun ombrellone, senza rischiare di danneggiare il cappotto.

Alla luce di questa circostanza, nel 2012 Bellino scrisse all’Amministrazione spiegando la situazione e chiedendo di poter ovviare a questa situazione in una maniera condivisa da entrambe le parti. Da qui, riferisce Bellino, si arrivò a un accordo verbale con il Comune di Bari che consentiva ai gestori del lido di piazzare delle basi di cemento che potessero sostenere gli ombrelloni.

Nel 2014, un primo controllo della Capitaneria di Porto fece notare che le basi in cemento violavano il capitolato della concessione ma, segnalata all’autorità la presenza dell’accordo verbale con l’amministrazione che di fatto ne regolarizzava la presenza, la Capitaneria tacque e lo stabilimento continuò la propria attività. Almeno fino a ieri, quando sempre la Capitaneria di Porto ha posto i sigilli a Torre Quetta per la presunta irregolarità degli ombrelloni.

Morale della favola, stabilimento balneare chiuso per due giorni, oltre mille euro di guadagno mancato e la beffa di un pagamento irrisorio per risolvere la situazione. Per sbloccare il tutto, infatti, e regolarizzare la situazione, basta pagare un canone di 32,12 euro, più un imposta regionale di 2,41 euro al Comune di Bari e 80 centesimi di euro alla Regione Puglia.