Del regolamento per i finanziamenti alle attività culturali della città di Bari abbiamo già parlato più volte e sentendo tutti. Abbiamo anche detto delle critiche feroci arrivate dagli operatori, che hanno scritto al sindaco Decaro, senza tuttavia avere una risposta.

Il fronte è spaccato e tra i più agguerriti c’è il Cobas della Cultura e dello Spettacolo dell’Area Metropolitana di Bari, che in occasione del Consiglio Comunale, mobilita tutti i lavoratori dello spettacolo, tutti gli artisti, tutti gli operatori della Cultura, per far sentire la propria voce e le ragioni del dissenso. L’appuntamento è alle 10 a Palazzo di Città.

“È il nostro momento, prendiamocelo”, tuona Mimmo Mongelli, del sindacato. Il guaio è che con molta probabilità – almeno questo è quello che si è riusciti ad apprendere – la volontà di una parte dei consiglieri comunali è quella di far slittare la discussione sul regolamento, quello che il Cobas chiama “lo s-regolamento”.

LO S-REGOLAMENTO E LE RIVENDICAZIONI

Il “manifesto” contesta sette punti e apre una riflessione sull’opportunità di ritornare sulla questione in maniera significativa.

1 – “Eccezione Culturale”? Nello S-Regolamento per i finanziamenti alla cultura e allo spettacolo dell’amministrazione comunale di Bari, la deroga antiburocrazia di cui si parla in tutte le sedi istituzionali italiane proprio non esiste. Si assiste, al contrario, ad una burocrazia invasiva in ogni meccanismo della macchina amministrativa che, invece di sostenere le attività e aiutare gli artisti a svilupparsi, tende a metter loro i bastoni tra le ruote.

2 – Gli artisti e non le aziende devono essere al centro di una politica culturale cittadina, loro e le loro opere. L’azienda non è niente senza l’artista e la sua opera, quindi contrariamente a quello che vuole lo S-Regolamento, andrebbe garantito l’artista e la sua opera nei confronti delle cosiddette aziende, che senza di quelli sarebbero scatole vuote, buone solo ad etichettare come proprie le idee altrui e a fare di queste materia prima per contribuzioni pubbliche varie.

3 – Chiedere la luna a piccole compagini di artisti e operatori culturali è solo un metodo grossolano per farle morire e dare una mano ulteriore alle “aziende” fidelizzate a raccattare ancora più contributi. A questo ci pensa egregiamente lo S-Regolamento.

4 – I dilettanti sono persone meravigliose, certo con una vena artistica, ma non sono professionisti, cioè coloro che hanno scelto di dedicare la propria vita all’arte e alla crescita artistica. Metterli sullo stesso piano è solo bieca demagogia. L’ S-Regolamento del Comune lo fa, mortificando così sia i professionisti che i dilettanti, il cui grandioso contributo viene frainteso. Voi fareste sposare vostro figlio o vostra figlia da un sagrestano e non da un sacerdote?

5 – Mentre tutti (oddio, più o meno tutti) devono seguire delle regole stringenti e percorsi burocratici da mal di testa (ripetiamo: altro che “Eccezione Culturale”), questo non varrà per alcuni privilegiati che, se l’Amministrazione volesse, potranno fare ad alta velocità il sorpasso sulla corsia di emergenza. Basterà essere nelle grazie dell’Assessore di turno… Alla faccia dell’uguaglianza.

6 – Di modi poi, per sbattere fuori chi non è nelle grazie del suddetto Assessore, ce ne sono parecchi, nello S-Regolamento. Basta prendere un punticino in meno del minimo da assegnare nel complicato meccanismo di premiazione. Chi lo stabilisce il punticino? Una commissione che su alcune questioni (vedi proprio la qualità) è più insindacabile del Papa.

7) Pulcinella chiama a testimone la moglie. Eh sì. Nello S-Regolamento è prevista la costituzione di un organo, una specie di corte di yesman, chiamata Osservatorio, a cui partecipano tutti coloro che hanno sottoscritto lo S-Regolamento, frequentano le stanze dell’Amministrazione, danno del tu all’Assessore. Unico neo, rappresentano solo qualche decina di soggetti a fronte delle 600 e rotti iscritti all’Albo dello stesso Assessorato e delle migliaia di artisti che si guadagnano il pane facendo mille acrobazie tutti i giorni, perché credono nel loro mestiere. Tutte queste migliaia, Decaro non le vuole incontrare né ascoltare. Potrebbero fargli delle brutte sorprese: forse potrebbero rinfacciargli che l’inconsistenza culturale di questa amministrazione si taglia a fette.