La guerra non è più solo a colpi di lettere e numeri di protocollo, tant’è che stamattina il direttore generale della STP, Francesco Lucibello, ha anche minacciato di chiamare i Carabinieri dopo l’ennesimo scontro a muso duro. Le urla non bastano a questo punto. Non sappiamo se alla fine le intenzioni si siano concretizzate. L’avesse fatto, però, sarebbe venuta fuori una storia fatta di presunti abusi e irregolarità, che meriterebbe un approfondimento da parte della Procura della Repubblica.

Il direttore generale Lucibello scrive e Rosa Pastore revoca e rilancia. La professoressa di filosofia, messa ad amministrare la Società dei Trasporti Provinciali di Bari e della BAT, più per l’appartenenza alla corrente politica di Anita Maurodinoia che per le inesistenti competenze specifiche, in estrema sintesi è accusata di fare come gli pare. Va bene il tocco di colore alle pareti degli uffici, ma quando si toccano terreni molto più delicati il discorso cambia e non poco. Le missive, alcune delle quali potete leggere in allegato, per certi versi sono da rabbrividire. L’ultima in nostro possesso a firma di Lucibello è datata 13 giugno.

La chiusura della lettera non lascia spazio alle interpretazioni: “Il Cda, da cui dipendo e da me già formalmente investito della situazione, valuterà, possibilmente con ogni urgenza (probabilmente già nelle prossime ore ndr.), se il rapporto fiduciario è venuto meno e se intende, quindi, procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro o adottare altri provvedimenti mirati a far cessare l’anarchia e la confusione di ruoli da lei determinata”.

La misura è colma e quella della Pastore, alla quale nel prossimo Cda si vogliono togliere alcune delle diciannove deleghe, giudicate obiettivamente eccessive, è un’ingerenza mal sopportata. In ballo ci sono assunzioni di interinali e cambi di mansioni e uffici giudicati inopportuni. Sembra una resa dei conti. A “Il direttore sono io” di Lucibello, la Pastore contrapporrebbe, in maniera poco filosofica, il più tradizionale dei “Qui comando io”. Un braccio di ferro che fa male all’azienda, persino sana e di questi tempi significa molto.

“Mi riferisco – scrive Lucibello, entrando nel merito dei presunti abusi – alla signora Santeramo a cui ho ordinato di spostarsi alla sua scrivania alla ripartizione risorse umane, attesto che arbitrariamente ha inteso sistemarsi in segreteria; al singnor Longo, laboratore somministrato, che si permette di dare disposizioni al personale dipendente di altre aree, senza neanche peritarsi di informare i responsabili, ed infine al signor Brandonisio, lavoratore somministrato, che deve restare in carico alle risorse umane, e che insubordinatamente ritiene di potersi comportare e rispondermi come meglio gli aggrada, motivo per il quale lunedì chiederò all’agenzia la sua sostituzione fino al termine del contratto di somministrazione. Per quanto riguarda gli altri due lavoratori somministrati (Grimaldi e Di Bari) mi riservo ogni valutazione”.

Ecco ciò che succede quando la politica mette le mani sulle aziende pubbliche, fingendo di restarne fuori; quando si procede per nomina o appartenenze e non per meriti. La situazione non è solo grottesca, ma potrebbe essere meritevole di approfondimenti in altre e più opportune sedi. La STP, così come qualsiasi altra azienda municipalizzata o a partecipazione pubblica, non può essere oggetto di mercimonio politico: un’alzata di mano in cambio del lasciapassare al comando senza freni. In ballo c’è un servizio fondamentale, ci sono i soldi pubblici e opportunità di lavoro, che devono essere uguali per tutti. Il sindaco di Bari Antonio Decaro, il collega di Trani, Amedeo Bottaro e gli altri soci dovrebbero alzare la voce e ripristinare un clima sereno per il bene di tutti. Per riuscirci, però, devono correre dei rischi e buttare fuori dalla STP la politica e gli interessi personali e le manie di grandezza di pochi.