Domenica primo maggio, festa dei lavoratori e io, come tantissima altra gente, sono in coda alla cassa, all’Auchan di Casamassima. Il presidente dell’associazione commercianti UNIBAT, Savino Montaruli, aveva invitato i cittadini a non fare shopping, per celebrare la festa dei lavoratori, ma io ho bisogno di fare la spesa e non posso farlo che oggi.

Il cassiere è un’invalido civile, categoria protetta, che lo scorso mese ha percepito uno stipendio di 498 euro di stipendio, ma abitando in un quartiere a nord di Bari e venendo al lavoro tutti i giorni in auto, metà della sua paga se ne va in benzina.

La cosa paradossale è che ha un fratello laureato da alcuni anni che non riesce a trovare uno straccio di lavoro. “Meglio io – mi dice – tanto ormai il lavoro non serve a realizzarsi. È accontentarsi di quello che si ha”.

Davanti a me, un uomo mette sul nastro della cassa la sua spesa. Tanti prodotti, tutti in offerta, occhio al prezzo e occhio alla scadenza e 3×2, tutte promozioni incastrate tra loro come i pezzi del tetris, per non sforare col budget. “Meglio i tuoi 498 euro che il mio zero – commenta il cliente – perché io sono disoccupato da 10. Ho mandato curriculum ovunque, ho fatto qualsiasi cosa ma ormai mi sto rassegnando all’idea che la mia vita è questa e la devo vivere da disoccupato, finchè campano i miei che mi aiutano a sostenermi”.

“Primo maggio? Siamo con contratto di solidarietà da 11 anni – mi confida il cassiere – Non abbiamo più neanche la possibilità di chiederci se è primo maggio, Ferragosto o Natale. Ormai si lavora e bisogna pure dire grazie. Abbiamo anche perso la voglia di lottare: ci mettono sempre davanti agli occhi il fatto che c’è sempre chi sta peggio. Testa bassa e lavorare”.

L’uomo non percepirà un euro in più in busta paga, rispetto a una normale giornata di lavoro, dato che è in contratto di solidarietà. E c’è ancora chi festeggia il primo maggio, che ormai diventa sempre più una di quelle feste che si celebrano più per abitudine che per fede, di cui abbiamo dimenticato perché vennero istituite. Così fallisce il primo maggio. Non per mille clienti che vanno a comprare, ma per un lavoratore sfruttato che ha perso la speranza.