La Buona Scuola – per così dire – ha messo nelle mani dei capi d’istituto super poteri paragonabili solo al pugno rotante di Mazinga. Strumenti che possono spostare non solo gli equilibri interni agli istituti scolastici, ma generare ingiustizie e un abuso di potere. Uno dei casi più eclatanti è quello relativo ai 60 euro al mese in più (per tre anni e al lordo delle tasse) in busta paga destinati ai professori più meritevoli. Una discreta somma da regalare a molti ma non a tutti.

Soprattutto non ai “docenti contrastivi”, come sono stati definiti in un recente seminario dedicato ai dirigenti scolastici per fornire loro “consigli tecnici” su come comandare meglio. Si tratta, in sostanza, di quei rari docenti che ogni tanto alzano il dito in sede di “collegio docenti” per dire la propria.

Uno dei casi più incredibili, accade all’Istituto Majorana di Bari, più volte finito al centro delle cronache, all’attenzione dell’Ufficio Scolastico Regionale della Puglia, degli Ispettori del Ministero della Pubblica Istruzione e pure della Guardia di Finanza. Questa, però, è un’altra storia.
Dicevamo dei tanto agognati 60 euro. Al Majorana da settimane ormai va in scena una tragicomica pantomima.

All’inizio dell’anno scolastico, nel mese di settembre, quando ancora la riforma non era stata del tutto metabolizzata e allo stesso Ministero dell’Istruzione si mettevano a punto le varie circolari applicative, al Majorana viene messo in piedi il consueto “Comitato di valutazione”.

Il compito è quello di seguire e consigliare i nuovi docenti giunti al primo anno di lavoro. Il mitico “anno di prova”.
L’organismo è proposto dal capo d’istituto, Paola Petruzzelli, che pur accennando alla nuova legge, si guarda bene dal sottolineare che i docenti di quel Comitato avrebbe dovuto anche far parte di analogo Comitato (formato anche da rappresentanti di genitori, alunni e componenti del Consiglio di Istituto) per elaborare i requisiti necessari per l’accesso al bonus di 60 euro in busta paga.

La preside Petruzzelli fa approvare la nomina con una semplice alzata di mano. La riforma, però, stabilisce criteri diversi per la formazione di tale organismo, facendo esplicito riferimento alla necessità del voto segreto su scheda. Accade così che, in un drammatico consiglio dei docenti avvenuto prima di Pasqua, con grande fatica si riesce a far decadere quelle nomine in seno al Comitato. Alcuni docenti chiedono l’applicazione delle norme che sono state precisate dallo stesso Ministero nei mesi successivi a settembre, con specifico riferimento alla necessità che le nomine venissero fatte con voto segreto.

La dirigente Petruzzelli mette ai voti per alzata di mano la decisione di annullare la prima nomina e il consiglio si esprime a palese maggioranza. Non contenta, chiede poi una seconda votazione con appello nominale per dare un volto ai “dissidenti”: l’intento appare palesemente intimidatorio, ma l’assemblea conferma con questa seconda votazione, a maggioranza, la volontà di procedere alle nomine secondo le norme.

A questo punto, visibilmente contrariata, la Petruzzelli dà sommarie indicazioni ai docenti di materie giuridiche interni all’Istituto di formare, seduta stante, un seggio elettorale; fa stampare delle schede vidimate e, abbandonando la riunione, intima di procedere alla votazione, senza neppure lasciare il tempo ai docenti di autocandidarsi.

La votazione, in ogni caso, si svolge e alla fine risultano regolarmente eletti due docenti (ovviamente diversi da quelli scelti a settembre senza dibattito e senza voto segreto). Tutto regolare rispetto alla sovranità del collegio docenti? E in merito all’pplicazione delle procedure richieste dalla stessa legge di riforma Giannini? Apparentemente sì, ma a questo punto della vicenda il colpo di scena è d’obbligo. Nei giorni successivi, alla chetichella, spunta una lettera firmata da alcuni docenti, che chiede la revoca degli eletti. Una revoca della revoca insomma.

Chi avrà ispirato il misterioso documento? Un segreto degno davvero di Pulcinella. Ma siamo al finale. Mercoledì prossimo, con un ordine di convocazione abbastanza vago, la preside ha fatto sapere che nella seduta di Consiglio, comunicherà le sue decisioni in merito alla composizione del Comitato. A detta dei più, avrebbe sostanzialmente deciso di non tener conto del voto formale del collegio, sulla base di questa lettera circolata tra i docenti e quindi di procedere alla conferma dei componenti eletti a settembre, annullando gli effetti della votazione che lei stessa aveva disposto a conclusione dell’ultima seduta. Roba da non credere, non fosse assolutamente vera.

Ma cosa accadrà davvero? Il collegio dei docenti del Majorana di Bari dovrà limitarsi a prendere atto delle decisioni della sua dirigente? Saranno fatte nuove votazioni palesi o a scrutinio segreto per nominare i componenti? Chi può dirlo. Non resta che attendere qualche ora per conoscere la conclusione dell’ennesimo caso bislacco ambientato all’interno dell’Istituto Alberghiero Majorana di Bari.

L’unica cosa certa è che sembrano confermati i timori di quanti avevano già ampiamente previsto simili effetti deleteri, (scontri, invidie, timori, abusi di potere: tutto veleno in un sistema che dovrebbe occuparsi esclusivamente di educare e formare i nostri ragazzi), causati dalla cosiddetta “buona scuola” della ministra Stefania Giannini.

A proposito, proprio in questi giorni i sindacati scolastici hanno cominciato a raccogliere firme per quattro referendum allo scopo di abolire alcuni punti della legge Giannini, compreso l’ormai famigerato “premio” di poche decine di euro al mese per i più “bravi e ubbidienti”.