La lettera di Antonella Buompastore all’assessore alla Cultura del Comune di Bari, Silvio Maselli. Quest’ultimo, in un commento sulla sua pagina Facebook, avrebbe dato per fallita la Fabris Spa ma, a quanto pare, si tratta di affermazioni che non corrispondono a verità. Nel testo anche un messaggio al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Di seguito l’intera lettera.

A tante persone amiche può sembrare che non mi tengo nulla dentro, anzi, che alla prima occasione trovi il pretesto per “sbottare” ma non è così o ogni pretesto sia buono per avercela con qualcuno che governa (può essere la città, la regione o il paese). Forse c’è un po’ di verità ma solo un po’.
Certo, poi, quando ti ritrovi all’una di notte a percorrere a piedi una città che assomiglia a un letamaio, cominci a pensare, a riflettere e cominci a chiederti, ma la Mia Bari, che fine ha fatto? Ma su questo scriverò in seguito. Questa passeggiata notturna mi ha fatto riflettere su questioni che in breve elencherò e che si concluderanno con le precisazioni, secondo me dovute, ai cittadini come Lucia De Marco che ha scritto un splendido articolo su ILikePuglia dal titolo “I luoghi dell’anima”.

1) Dal 2012 vengono erogati dai 10 ai 20 milioni di euro alla Fondazione Petruzzelli come finanziamento pubblico (praticamente soldi nostri) per la gestione della stessa, OGNI ANNO, il Kursaal Santalucia non ha mai preso un solo centesimo di finanziamento pubblico, e il bilancio è sempre stato chiuso in pareggio pur essendo una struttura aperta al pubblico dalle 07,30 del mattino all’ 1 di notte, ogni giorno (dico questo perché anche questo è un costo);

2) Facendo la scansione di articoli di stampa riguardanti il Kursaal ho letto alcune dichiarazioni virgolettate dell’attuale presidente di regione, Michele Emiliano, ne elenco qualcuna “non ci resta che sperare, a quel punto, che intervenga un privato, animato di mecenatismo. In tal caso si potrebbe immaginare un protocollo d’intesa fra Comune, Provincia e Regione perché si possa sostenere la gestione del Kursaal mantenendo un forte ruolo pubblico…” ma come? Il mecenate che aveva investito 14 miliardi di vecchie lire, c’era, la struttura e i suoi interni erano di una eleganza estrema (riconosciuta dalla stessa regione) oltre che di pregio e conservata (anche questo a costo zero per la comunità anche se, magari, un piccolo aiuto non avrebbe fatto male visto che si trattava di bene sottoposto al vincolo più restrittivo possibile dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali, e mi fermo qua, per ora;

3) Uno scambio di vedute con un noto avvocato nonché stimatissima persona l’altra sera che mi ha chiesto: “Ma chi è il curatore fallimentare della Fabris (società ex proprietaria del Kursaal Santalucia)?”. Curatore fallimentare? La Fabris sas non è fallita, e questo non lo sa nemmeno l’Assessore alle Culture della Città di Bari (e lui dovrebbe saperle queste cose visto che si parla di Bene Culturale tra i più prestigiosi della città) il quale, di punto in bianco, in un commento su un post di facebook che parlava di tutt’altro è intervenuto dicendo (a proposito del Kursaal) che le proprietarie hanno perso il teatro perché “piene di debiti”. Penso che la Fabris, a breve, si cautelerà per questa affermazione denigratoria e inopportuna. A prescindere dal fatto che, pure se fosse vero, e non lo è, non sarebbe un termine anche per il solo rispetto di cittadini della città che comunque hanno dato lustro alla città e, col proprio denaro, hanno riqualificato, attraverso il Teatro Kursaal Santalucia, un’intera zona che, precedentemente, era ai margini del centro cittadino e ora è diventata la zona per eccellenza della movida barese;

4) Ci sarebbero tanti altri motivi, ma ultimo è stato leggere l’articolo di una giovane giornalista barese, un articolo letto per caso in cui Lucia De Marco, penso sotto la trentina, parla del Kursaal Santalucia e cita: “Avevo solo otto anni quando entrai per la prima volta nel Kursaal Santa Lucia. Ho una memoria particolarmente vivida di quel momento. Con gli occhi di bambina guardavo con tacito orgoglio l’intricato intreccio delle lettere a carattere Liberty che formavano il mio nome, grandi, sfarzose, eleganti. Con la statura e la fantasia dell’epoca mi sembrava tutto così monumentale e meraviglioso. Entrai con la mia famiglia e mi sedetti ad uno dei tavoli del bar. Ripercorsi le curve sinuose della sedia sfiorandole col dito, e con gli occhi quelle del soffitto che parevano creare dei maestosi alberi astratti. Provai un senso di soddisfazione pur non comprendendone il motivo.

Quattordici anni dopo posso dire con sicurezza che quella sensazione non era altro che un senso di appagamento dato dalla bellezza del luogo in cui mi trovavo. Nella sala del cinema proiettavano Il favoloso mondo di Amelie Poulain, un film che mi ha segnato il cuore. Custodisco quel giorno al Kursaal Santa Lucia come uno dei più dolci e autentici ricordi della mia infanzia. Tutto è riaffiorato nella mia mente quando ho avuto modo di vedere come oggi è ridotto quel gioiello prezioso della nostra città. Arredi protetti da vincolo artistico accatastati come una sorta di tugurio, la desolazione dell’abbandono, le poltrone della platea sventrate e distrutte. L’ultimo colpo con la cessione di una parte del salotto decò a un ristorante cinese.” e continua “La passività con cui i cittadini di Bari sono abituati a rinunciare alla memoria storica e personale della propria città è un fatto desolante tanto quanto il palco vuoto del Kursaal. Nel film di Amelie, la protagonista trova nascosta nella propria casa una scatola dei ricordi della famiglia che precedentemente l’aveva abitata. Sarebbe gratificante per la memoria storica di questi luoghi condividere “una scatola dei ricordi” dei cittadini di Bari, legati ai contenitori culturali della città chiusi o abbandonati. L’inerzia delle istituzioni potrà portarci via luoghi fisici, ma non i luoghi della nostra anima.”

Ora, caro Michele Emiliano, ci voleva tanto a far entrare il Comune di Bari come socio paritario della Fabris senza uscire un solo centesimo ma facendosi garante per il residuo di mutuo di circa 1 milione di euro avendo la possibilità di gestire, con la stessa Fabris quel gioiello di Bari. Vi/ti ricordo che, solo per la Fondazione Petruzzelli, sei capace di trovare dai 10 ai 20 milioni l’anno e cash. Alla fine tutto sarebbe rimasto intatto (a differenza di ora in cui opere d’arte di Paolo Portoghesi sono sepolti dietro muri), la città di Bari e i baresi avrebbero avuto il proprio gioiello che non riavranno più perché, chiuso da 4 anni, è in mano ai topi. Maselli, hai letto? P.S.: Non sono le banche a poter spacchettare un Bene Culturale, può essere, al massimo, un Tribunale, IMPARA“.