Il terremoto generato dalle mazzette al Petruzzelli potrebbe avere conseguenze maggiori di quelle immaginabili, se solo il desiderio di giustizia e trasparenza fosse completamente disinteressato e riguardasse interamente le vicende legate al teatro. Le signora Messeni Nemagna, contitolari del Petruzzelli di Bari, si fanno sentire e come al solito non le mandano a dire, esprimendo tutta la prorpia indignazione «per come sia stato infangato dagli episodi finora scoperti dalla magistratura, il buon nome del loro storico teatro».

Le Messeni Nemagna rilanciano, sperando che sia l’ex magistrato antimafia Gianrico Carofiglio, ora presidente della Faondazione a «estendere l’operazione di autocritica, o di trasparenza, alle modalità con le quali il 7 settembre 2009 la fondazione è stata introdotta nel teatro e tutt’ora ne fruisce: oltre ad alcuni appalti è truccato, per caso, anche il titolo di godimento del Teatro, se esiste? E se non esiste il titolo, perché la fondazione preferisce ignorare la proprietà, comportandosi come un occupante abusivo ed esponendosi a gravi conseguenze patrimoniali?».

Immancabile il riferimento biblico. «Non vorremmo  – continuano i contitolari del teatro – che Carofiglio guardasse le pagliuzze trascurando la trave, omettendo, cioè, di autodenunciare quello che potrebbe essere il più grande fenomeno di abusivismo pubblico della storia di questa città e non solo. Noi l’abbiamo fatto già da tempo, e abbiamo fiducia nella magistratura, oltre che nella forza legale dei patti solenni, purtroppo disattesi proprio dalle pubbliche amministrazioni».

A tal proposito, riproponiamo l’intervista agli avvocati Ciro Garibaldi (della famiglia dei proprietari) e Ascanio Amenduni, realizzata il 24 novembre 2014, all’indomani della sentenza di Appello, che solo in teoria avrebbe dovuto stabilire un punto fermo sulla vicenda che vede contrapposti la famiglia Messeni Nemagna da una parte e Comune, Provincia, Regione e Fondazione Lirico Sinfonica dall’altra, con al centro il Teatro Petruzzelli.

All’epoca scrivevamo: “A leggere le 12 pagine della sentenza, l’accordo del 2002 per cui all’indomani della ricostruzione del Teatro la Fondazione si impegnava per 40 anni a versare un canone annuo di locazione e sfruttamento del marchio di 500mila euro alla famiglia Messeni Nemagna, è valido. Questo, dal punto di vista degli eredi Petruzzelli, di fatto pone la Fondazione in condizione di inadempienza, non avendo finora versato quanto stabilito. Questo a prescindere dalla vicenda parallela legata all’uso del marchio, a cui invece si aggrappa la Fondazione, e di conseguenza i soci, nel dire che la sentenza della Corte d’Appello non cambia niente. L’intervista ai legali degli eredi, Ascanio Amenduni e Ciro Garibaldi, chiarisce alcuni dei pasaggi della vicenda, che rischia di pesare ancora una volta sulle casse dei baresi”.