Pensavamo di occuparci del solito caso di sciatteria e maleducazione da ospedale: un paziente ricoverato su una barella, nonostante un comodo letto fosse stato abbandonato nel corridoio e usato come deposito di biancheria sporca. Il tutto condito da un acceso faccia a faccia tra il parente di un paziente e il medico di turno, che avrebbe chiuso la faccenda con un perentorio: “Non sono fatti miei chiami i carabinieri”. Quel’insolente di paziente, invece, ha chiamato il giornalista. All’anziano paziente potrebbe essere dato in queste ore un posto letto al primo piano del provvisorio reparto di Neurologia dell’ospedale Di Venere di Bari. Il medico, invece, dopo la nostra segnalazione è stato convocato dai vertici della struttura per fornire spiegazioni in merito a quanto accaduto lo scorso primo gennaio. Fin qui la cronaca, purtroppo dell’ordinario, in cui la verità sta nel mezzo.

 

La vera notizia è arrivata dopo, quando ci siamo messi sulle tracce di qualcuno che potesse spiegarci quanto successo, imbattendoci telefonocamente nella dottoressa Silvana Albani, medico legale del nosocomio spesso al centro di polemiche e denunce, molte delle quali sollevate dalle pagine del nostro giornale. «Ho fatto come sempre i miei accertamenti – spiega la Albani in riferimento al caso specifico – Le posso dire che il letto si è guastato durante le ferie e i tecnici non hanno potuto ripararlo in tempo, che sul letto c’era un cartello con la scritta “guasto”, maldestramente coperto dalla biancheria e che il medico di turno dovrà spiegarmi la faccenda». Risolta la formalità, la dottoressa sbotta e inizia un racconto pane al pane e vino al vino.

«I parenti dei pazienti non possono pretendere la luna. Nell’80% dei casi si tratta di gente maleducata. Se ritengono che i loro cari non vengano assistiti adeguatamente, firmino le dimissioni e li portino altrove – tuona senza mezze parole il medico legale del Di Venere – Non è solo colpa dei medici, anche a me è capitato decine di volte di essere costretta a chiamare i carabinieri. Facciamo il nostro lavoro. Qui ci occupiamo solo di emergenze e da anni ormai non effettuiamo ricoveri di routine. Ci sono dei disagi perché abbiamo dovuto accorpare due reparti, per farne di nuovi, più capienti e confortevoli. Tra un mese la Neurologia tornerà al suo posto naturale».

Silvana Albani non le manda a dire. Prima di essere tra i dirigenti del Di Venere, ha fatto per 31 anni il rianimatore, lavorando sul campo. “Il nocciolo della questione – spiega la dottoressa – è la mancanza assoluta di strutture territoriali in grado di ospitare i pazienti cronici, una volta stabilizzati. Il territorio non esiste e le RSA non funzionano. C’è solo la Mater Dei, con 70 posti letto e il Policlinico, che ha esattamente dieci volte i nostri posti letto, ma allo stesso tempo dieci volte la nostra utenza. Si riempiono la bocca sulla medicina territoriale, che in realtà non funziona. Quante scemenze si dicono sul Piano di riordino, invece di pensare alla vera emergenza».

E i ricoveri in barella, ormai all’ordine del giorno? «Per legge è previsto che si possano ricoverare in barella il 10% dei pazienti, fermo restando l’impossibilità di trasportarli altrove, quando il trasporto potrebbe mettere a repentaglio le loro vite. Qui ci occupiamo solo di emergenze. La Rianimazione è sempre piena e i rianimatori in molte occasioni sono costretti a seguire i pazienti in Medicina, un reparto fantastico, in alcuni casi anche in altri reparti pur non essendo previsto. Stabilizziamo, ma se poi non è possibile trasferirli altrove, è chiaro che i ricoveri in barella si accumulano. Siamo in trincea», ammette la dottoressa Albani.

Spesso i disguidi principali avvengono nei gironi di festa quando, nell’immaginario collettivo – spesso anche nella realtà – non c’è personale sufficiente. «Negli ultimi sette anni – aggiunge Silvana Albani – non sono stati assunti né medici né infermieri. Dovrebbero esserci 500 assunzioni, voglio proprio vedere se le faranno come annunciato. Il presidente Emiliano conosce benissimo questo ospedale. Posso assicurare, però, che abbiamo abbastanza personale per cavarcela. Che i problemi seri non dipendono dalla carenza generale di organico nella sanità pugliese. Anche i medici sono cittadini come chiunque altro e come chiunque altro pagano le tasse e meritano rispetto. Esattamente come sono obbligati a loro volta a essere rispettosi. Perché so bene che ci sono medici e infermieri che non lo sono. E l’alibi del super lavoro e delle continue aggressioni da parte degli esagitati non è sufficiente. In ogni caso la pressione è tanta, troppa. Per di più in questo ospedale sono reperibile 25 giorni al mese. C’è la possibilità di avere un confronto con i vertici della struttura in caso di problemi di qualsiasi natura. Rispetto e pazienza da parte di tutti, può essere un primo passo importante. Quando inveite, pensate che il vostro parente è solo uno delle decine di uomini e donne che stiamo curando. Ci sono priorità e urgenze da rispettare. Questo è il nostro pane quotidiano».