Un paziente sano di 54 anni è stato sottoposto a coronarografia urgente per un infarto erroneamente diagnosticato dal nuovo sistema di telecardiologia. É successo all’ospedale Di Venere di Bari a metà ottobre. Solo adesso riusciamo ad avere conferma della notizia. L’episodio ha dell’incredibile. La Cardiologia del Di Venere in quel momento reperibile, viene allertata per un infarto acuto e viene inviato il fax dell’elettrocardiogramma del paziente soccorso, refertato da un cardiologo della telecardiologia come infarto miocardico acuto ad ST sopraslivellato (STEMI).

Giunto al Di Venere, al paziente viene prontamente eseguita la coronarografia che non evidenzia però alcuna coronaropatia. L’elettrocardiogramma di controllo eseguito era assolutamente normale. C’è quindi stato un incredibile scambio di elettrocardiogrammi. Lo stesso giorno, qualche ora più tardi, lo stesso elettrocardiogramma sbagliato viene inviato anche alla clinica Mater Dei, l’altro centro reperibile quel giorno in coppia col Di Venere, eseguito su un altro paziente sano.

La centrale di telecardiologia del Policlinico – senza saper dare immediate spiegazioni – ha mandato un elettrocardiogramma di un infartuato effettuato in un altro momento e non quello dei due pazienti soccorsi dalle ambulanze del 118. Un errore imperdonabile, sul quale non ci risulta sia stata avviata neppure un’inchiesta interna. Errore che avrebbe potuto avere brutte conseguenze per il paziente, e ripercussioni medico-legali per i medici coinvolti. La coronarografia non è di per sé un esame particolarmente rischioso, ma essendo un esame invasivo si espone, sebbene raramente, a possibili complicanze, quali allergie al mezzo di contrasto, emorragie, complicanze vascolari, aritmie minacciose, infarto del miocardico e persino la morte.

Il caso del Di Venere e della Mater Dei sono emblematici di quanto denunciamo da tempo: la nuova telecardiologia è partita senza una sperimentazione adeguata nell’emergenza-urgenza, con una serie di dubbi di carattere amministrativo, presunti conflitti di interesse, e gravissime problematiche di carattere organizzativo e tecnologico, senza quindi mettere il paziente al centro di tutto. Peccato che questo caso e gli altri di cui stiamo pian piano venendo a conoscenza non siano stati riferiti al presidente Emiliano, costretto a esporsi oltremodo e a recitare a soggetto il giorno della presentazione del primo mese di servizio.

Ricordiamo inoltre che l’attivazione di una équipe in reperibilità ha dei costi aggiuntivi per le casse pubbliche. Ma “nel pubblico – come dice il dottor Amoruso – si può spendere di più e fare un po’ meno bene”. Un po’ come succede per la spropositata cifra di 900 euro elargita ai cardiologi che turnano in telecardiologia per la refertazione degli elettrocardiogrammi. Cifra a cui si è stati costretti ad arrivare in considerazione della difficoltà di reperire medici disponibili. Una storia di paradossi assurdi, che meriterebbero presto una spiegazione possibile, non numeri e diagrammi sconclusionati solo per buttare un po’ di fumo negli occhi. Quanto accaduto insegna anche un’altra cosa: tra il dire della teoria e la pratica del fare ci sono di mezzo le vite umane. Questa volta è andata bene, ma chi può dire quanti sono i veri infarti non refertati finora?

Sarà sempre più difficile saperlo, perché gli equipaggi chiamano sempre meno la centrale operativa del 118 sul telefono registrato e sempre più il numero della centrale di telecardiologia del Policlinico.