“Non siamo preparati tradizionalmente, legislativamente, culturalmente, a fare protezione individuale. L’ordine pubblico spetta ad altri”. Parola di Massimo Ancillotti, direttore della Scuola romana della Polizia locale. In altre parole non basta avere la pistola, uno spray urticante, una costosissima divisa e un paio di manette per fare un poliziotto. Il reparto speciale (Gisu) formato da una quarantina di agenti volontari e con “la guerra in testa” voluto dal sindaco di Bari Antonio Decaro, ha ricevuto la seconda sonora bocciatura dopo le due per iscritto arrivate dal Questore.

“Sulla strada ci siamo anche noi e inevitabilmente la gente chiede tutela e sicurezza anche alla Polizia locale – ammette Ancillotti, intervenuto a un corso di aggiornamento che ha visto centinaia di Vigili urbani radunarsi a Bari – Il problema non è tanto chiesersi se la Polizia abbia la volontà di offrire sicurezza, cosa indubitabile, ma comprendere se noi abbiamo la preparazione, la protezione, la tradizione culturale, la predisposizione a fare questo tipo di attività”. Evidentemente requisiti indispensabili e assenti.

“Sono d’accordo con il questore di Bari – continua l’autorevole esponente nazionale della Polizia locale – È una scelta legislativa che prima o poi si deve adottare, decidendo di impiegare la Polizia locale in compiti di controllo totale del territorio, ponendoli in frontiera per contribuire ad accrescere la percezione del senso di sicurezza individuale e probabilmente noi siamo il migliore corpo di Polizia per fare questo tipo di attività. Ciò che non possiamo fare, però, è l’ordine pubblico”. In attesa di conoscere cosa ne sarà del Gisu, gli agenti (anche inidonei), con le divise logore, continuano ad esercitarsi nel garage inagibile in cui sono abbandonati i mezzi scassati.