L’assegnazione del bando di Natale 2015 a Cube Comunicazione sta lasciando l’amaro in bocca a molti. È quanto apprendiamo leggendo un post sulla pagina Facebook “Appello per la Cultura a Bari”, scritto da uno dei firmatari dello stesso. C’è chi proprio non ci sta, le modalità di accesso al bando hanno chiuso la strada a chi avrebbe dovuto ideare un progetto da presentare all’assessore alla cultura Silvio Maselli. Perché il bando è stato pubblicato venti giorni prima della scadenza e perché le buste sono state aperte con largo anticipo, dando effettivamente la possibilità di aggiudicarsi il bando da 155mila euro a chi, probabilmente, aveva già tutto pronto. Quella di seguito è una lunga riflessione di chi ha perso la pazienza, stanco dell’atteggiamento di un assessore e, più in generale, di un’amministrazione che, a quanto pare, continua a preferire gli “spot elettorali delle agenzie”.

“La notizia relativa all’assegnazione del bando comunale per le attività natalizie baresi non sorprende nessuno di noi. Un bando di queste dimensioni, in termini sia economici che strutturali, pubblicato venti giorni prima della sua scadenza, con apertura delle buste a dodici giorni dall’inizio delle attività richieste è un bando palesemente accessibile solo a chi ha il progetto già pronto. L’assegnazione all’azienda Cube Comunicazione, già vincitrice dello stesso bando per le attività natalizie del 2014 e unico soggetto partecipante quest’anno, non è altro che la conferma di quanto appena scritto.

Si tratta di un episodio che accresce i grandissimi dubbi che un nutrito gruppo di operatori culturali, firmatari dell’Appello per la Cultura a Bari, continua ad esprimere e ad evidenziare. Perplessità relative ad una gestione poco chiara che manca clamorosamente di visione e pianificazione. La notizia in questione rappresenta l’ennesima occasione persa grazie alla quale l’amministrazione avrebbe potuto dimostrare concretamente che alle parole e alle cifre seguono i fatti. Purtroppo non è andata così neanche questa volta e ci ritroviamo oggi nuovamente a commentare un altro episodio ambiguo, questa volta alla modica cifra di 155.000 euro. Ciò che è accaduto oggi è il perfetto seguito dell’incontro avvenuto all’Officina degli Esordi lo scorso mercoledì 18 novembre che, scavalcando le sterili polemiche, è stato vanificato dallo stesso assessore Maselli il quale non ha risposto a nessun quesito proposto dall’assemblea, preferendo un monologo di quaranta minuti fatto di numeri, frasi di circostanza e fragili promesse di confronto futuro.

Ci troviamo oggi nella condizione imbarazzante di dover alzare le mani di fronte all’evidenza dei fatti che spesso è molto più eloquente di articoli e discorsi nella consapevolezza che nel prossimo mese, tra Natale e Capodanno, verranno spesi altri 300.000 euro circa. Metà per attività assegnate con le modalità descritte, l’altra meta per permettere il concerto della più grande emittente televisiva privata italiana. In altri luoghi del mondo ci sarebbero tutti gli estremi per invocare delle legittime dimissioni ma purtroppo abbiamo ancora tanto da lavorare prima di raggiungere tale livello di correttezza civica e istituzionale. Ma, al contrario di ciò che si può pensare, crediamo fermamente che nonostante l’oscurità del periodo che la cultura barese sta vivendo, tra selfie, eventi mondani e ansia da “attrazione turistica”, questo sia un momento cruciale per la storia della nostra città.

L’evidenza dei fatti che si manifesta prepotente ci impone una riflessione molto seria sulla direzione socio-culturale che si vuole intraprendere. Commentare la notizia di un bando assegnato con queste modalità ambigue, fuori da ogni logica di buon senso, è l’occasione per soffermarci a riflettere sul perché e sul come siamo arrivati fino a qui. Perché Bari è diventata una città così rigida nella quale manifestare pacificamente un dissenso vuol dire essere “razzista” (cit. Costantini)? Nella quale è quasi un reato manifestare sincera esasperazione? Una città schizofrenica nella quale un assessore alla cultura parla di città metropolitana, di pluralità, di numeri esorbitanti per poi farci scoprire che il bando per le attività natalizie viene assegnato all’unica azienda che ha potuto parteciparvi (combinazione quella dell’anno scorso) e che i progetti culturali dei prossimi tre anni interesseranno un raggio di 800 metri intorno al teatro Margherita, escludendo totalmente il resto della città, le periferie dimenticate e ogni altro tipo di politica socio-culturale della quale Bari ha un disperato bisogno.

È dunque il momento di interrogarsi sul significato di “pluralità” e di tanti altri termini affinché si ricostruisca un vocabolario collettivo condiviso, se mai ne è esistito uno. Un vocabolario al momento corroso da esigenza che di culturale hanno ben poco. Occorre riflettere sulla profonda differenza che c’è tra cultura e turismo, ammettendo una volta per tutte che si tratta di due settori che fanno riferimento a flussi economici diversi (il primo all’istruzione, il secondo allo sviluppo economico) e per questo non possono sovrapporsi. Occorre ripensare la cultura per i ragazzi, i nativi digitale ormai quasi maggiorenni. Occorre iniziare un discorso che parli finalmente della nostra identità, della nostra comunità. Senza spot elettorali ben impacchettati da brave agenzie, senza paura delle critiche, senza vorticosi fronzoli dialettici ormai fuori moda. Solo allora i regolamenti (da aggiornare al più presto), i contenitori, i bandi avranno un senso tangibile. È il momento di fermarsi a riflettere sull’humus che è sotto i nostri piedi, per renderlo fertile e adeguato ad una futura fioritura delle idee e dei saperi. Ciò che è accaduto oggi va esattamente nella direzione opposta e fino a quando l’assessore Maselli e l’amministrazione non capiranno l’importanza di questo momento e di questa riflessione che poniamo, noi continueremo a manifestare la nostra disapprovazione pacificamente ma senza fare un passo indietro perché Godot non è mai arrivato, forse non arriverà mai ma una cosa è certa: la pazienza è finita.”