È il 27 ottobre 2015, siamo in provincia di Bari. Una giornata che la signora Anna G., di 78 anni, non scorderà facilmente. All’improvviso, mentre è impegnata nelle sue faccende avverte un dolore toracico. Chiama immediatamente il 118. La donna viene soccorsa e, come prassi in questi casi, dopo l’anamnesi di base le viene registrato un elettrocardiogramma, il cui referto – che solo noi siamo in grado di mostrarvi – recita fibrillazione atriale con risposta ventricolare rapida fvm di 100/m’, ipertrofia ventricolare sx”. In parole povere una diagnosi meritevole di approfondimento – non urgente – in ambito cardiologico.

Tutto abbastanza normale, non fosse che il cardiologo della centrale operativa del Policlinico, continua il suo referto: “Sopraslivellamento del tratto ST in aVR e sottoslivellamento in sede anteriore, laterale ed inferiore (sospetta patologia tronco comune/trivasale). Si consiglia attivare percorso HUB”. Senza entrare nel tecnicismo della frase – ce lo siamo dovuti far spiegare da un cardiologo bravo – la paziente parrebbe essere ad un passo da una delle patologie cardiache più gravi che possano esistere: un infarto in fase acuta (e come questo ne stanno arrivando tanti, ma tanti tanti tanti). L’anziana, ignara come tanti pugliesi della scandalosa vicenda della telecardiologia, viene trasportata d’urgenza al più vicino ospedale di riferimento dotato di una sala di emodinamica dove, da linee guide previste nell’attivazione del percorso HUB, deve essere sottoposta a procedura di coronarografia diagnostica e, ad occlusione coronarica confermata, a rivascolarizzazione mediante angioplastica percutanea. 

Il circuito HUB (o rete dello stemi, cioè infarto del Miocardio) è stato realizzato nel 2009 per volere dell’A.Re.S. Puglia e consiste in un vero e proprio collegamento tra rete 118 e ospedali dislocati su tutto il territorio regionale pugliese dotati di emodinamiche operative 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. In buona sostanza, con quel protocollo d’intesa si dispone che al paziente con dolore toracico tipico, atipico o epigastrico/addominale che chiama il 118, venga eseguito un elettrocardiogramma con la metodica della telecardiologia. Le linee guida prevedono quindi che, a diagnosi certa di infarto acuto del miocardio, il paziente non venga più trasportato dal luogo dell’evento al pronto soccorso e lasciato a seguire il normale triage, bensì che venga accompagnato direttamente dall’ambulanza verso uno di quegli ospedali collegati in circuito tra loro, per essere “trattato”.

Superfluo (ma non tanto) reclamare che, anche ieri, la signora non aveva nulla di grave: coronarie normali con recidiva di fibrillazione atriale. Perché “anche ieri”? Cari lettori, entriamo nel vivo di questa storia. Quella stessa signora, dieci giorni prima era già stata in ospedale. Stesso reparto e persino stessa stanza. Fin da allora, non le fu riscontrato nulla di diverso dalla prima parte del referto di due giorni fa: fibrillazione atriale parossistica. Un’aritmia cardiaca che va semplicemente tenuta sotto controllo ed eventualmente trattata con terapia farmacologica o con procedura di cardioversione, ma certamente non con l’introduzione di un palloncino nelle coronarie (stent). Pratica a cui la signora Anna ha rischiato di essere sottoposta se si fosse dato seguito al referto della centrale di telemedicina del Policlinico di Bari.

Quello che sta accadendo in questi giorni è un caos: coronarografie inutili, equipe superficialmente e spesso inutilmente chiamate in reperibilità nel cuore della notte, veri e propri “tetris” per la ricerca dei posti letto da assegnare agli pseudo infartuati a scapito di quelli realmente infartuati, medici ed infermieri ospedalieri ai limiti dell’esasperazione. Ma c’è di più: se è vero come è vero che con il “vecchio” sistema di telecardiologia la responsabilità del referto se la assumeva lo specialista in servizio presso Cardio On Line Europe, è anche vero che con la nuova telecardiologia, in assenza di connettività e nell’impossibilità di dialogare con il cardiologo, i responsabili degli equipaggi dell’emergenza-urgenza preferiscono di gran lunga ospedalizzare il paziente invece di rischiare personalmente, affidandosi al loro sesto senso o ancor peggio, alla autorefertazione del tablet, qualora non fosse in assistenza.

Ma di chi sono le responsabilità? Solo del dottor Amoruso che è stato tanto finalmente quanto silenziosamente allontanato dai progetti di telemedicina. Continuiamo ad essere del parere che sia troppo poco in considerazione di ciò che abbiamo scoperto, evidentemente non sbagliando. Nel caso della nostra signora Anna, la responsabilità è solo da attribuire al cardiologo della centrale di telemedicina del Policlinico, che per una vita lavorativa intera ha visto e refertato elettrocardiogrammi di soli bambini?Oppure, proprio per questo, vogliamo definirla un’altra dattolata l’idea di convenzionare il Policlinico di Bari – contrariamente a quanto stabilito nella delibera 585/14 – con Enti ospedalieri, cliniche private e specialisti sparsi qua e là per l’Italia e rischiare che la scarsa preparazione nel campo specifico, accompagnata ad una lapalissiana inesperienza, comportino l’aumento della mortalità da infarto in Puglia dopo averla ridotta del 50% come dichiarato dall’Osservatorio epidemiologico regionale? Vogliamo davvero tornare indietro di 15 anni?

Presidente Emiliano, ma davvero vuole lasciare che il dottor Dattoli, dopo gli apocrifi, i cetrioli e i chili di dattolate prodotte e smascherate, la inviti alla conferenza stampa a data da definirsi sulla presentazione dei chissà quali dati del primo mese di (in)attività del Policlinico? Vuole ripetere l’esperienza dell’emergenza estate di Bari, dove sono scomparse le analisi dichiarate e in due mesi sono stati fatti 44 elettrocardiogrammi? Si sta davvero prestando a quanto abbiamo ascoltato dalla viva voce del direttore del Policlinico: “… allora a questo punto preconizziamo gli scenari. Chiaramente quando avremo bisogno di autorevolezza, come dire, extraziendale, faremo … Concorderemo … Manderemo una nota di convocazione, d’ordine, etc.” Ci piacerebbe sapere perché non può proprio fare a meno di una manager così. Crediamo sia un diritto di tutti i pugliesi saperlo.