Idee poche e nemmeno tanto chiare. Questo il risultato della riunione di ieri sera a Roma, dove il Presidente Provinciale Cri Flavio Ronzi ha presentato il suo nuovo progetto sulla gestione del servizio 118. Nessun tipo di revoca, ha spiegato ai dipendenti presenti, ma in ogni caso la metà di loro andrà a casa. Ricominciamo.

Proprio l’altro giorno Ronzi aveva confutato in maniera abbastanza forbita e puntigliosa un nostro articolo nl quale raccontavamo della sentenza del Tar che chiudeva la porta al servizio 118 della Croce Rossa per consegnare l’appalto all’associazione temporanea d’imprese capeggiata dalla società Heart Life Croce Amica. Nel sottolineare come le nostre notizie fossero tutte stupidaggini Ronzi diceva che nulla sarebbe cambiato per i dipendenti. Ieri sera ha spiegato che l’andamento della convenzione in essere tra Croce Rossa Italiana, Comitato Provinciale di Roma, è indipendente dalla sentenza del Tar Lazio e che esistono delle liste di dipendenti, una quella già depositata ad Ares 118 che è di circa 150 persone e una fornita dai suoi uffici che ne conta più del doppio.

Noi avevamo dato in tempi remoti questa notizia ma anche allora lui l’aveva definita una falsità. Nella lista più numerosa sono anche i dipendenti storici, quelli chiamati 368 e i professionisti sanitari con partita iva, e comprende anche molti infermieri che da un pezzo non fanno più i servizi del 118. Quindi il presidente Ronzi ha detto che 150 persone passeranno con la nuova azienda e per gli altri 150 verranno attivate le procedure di tutela del posto di lavoro “se ciò sarà possibile”. Ma non aveva detto che il servizio rimaneva a Croce Rossa Italiana e che chi diceva il contrario era un mistificatore? Quello che per ora è certo è che Ronzi vuole impugnare la sentenza del Tar Lazio davanti al Consiglio di Stato, o almeno così ha dichiarato ribadendo che se dovessero togliere il servizio di 118 a Croce Rossa lui notificherà tranquillamente le lettere di licenziamento a tutti i dipendenti.

Quindi un Presidente a corrente alternata, che vuole avere l’esclusiva delle brutte notizie, forse perché raccontate da lui sembrano meno brutte. Bruttissimi sono invece i tempi che si prospettano non solo per i dipendenti ma anche per la stessa Croce Rossa Italiana. La riforma in senso manageriale non decolla, forse perché i manager non esistono in Cri e con le chiacchiere si possono costruire castelli in aria ma non realizzare cose concrete. L’associazione perde i contratti e le convenzioni in essere, la privatizzazione non la rende competitiva ma serve solo a liquidare in malo modo il personale e a svendere il cospicuo patrimonio. Noi che denunciamo questa manovra veniamo chiamati “giornaletto”. Il problema della credibilità invece deve riguardare i Presidenti ad ogni livello: non basta uno pseudo carisma per tenere compatte le fila dell’associazione di volontariato più grande d’Italia, servono fatti positivi e se non si riusciranno a produrre bisognerà cambiare il timoniere, e in fretta. Ma di elezioni, all’orizzonte, non si vede nemmeno l’ombra, non se ne parla proprio più, mentre tutti continuano a chiamare questo tracollo “privatizzazione”.